Con venti album album alle spalle ci si potrebbe forse aspettare, non conoscendo Fabrizio Poggi, un album di gran valore, ma tutto sommato normalmente buono, un po’ come gli ultimi dischi di Van Morrison. Per chi non conosca Fabrizio, appunto, uno che nella sua vita musicale non si è mai tirato indietro nelle sfide e ogni volta ha saputo alzare l’asticella.
Bellissimo il digipak che ci stiamo rigirando tra le mani, che tra l’altro contiene un libretto frutto del lavoro fotografico e grafico di Juri Meneghin e Davide Miglio che hanno realizzato un oggetto del desiderio di qualità superiore. E non pensiate che la confezione di un prodotto discografico non abbia il suo peso, ti mette nella predisposizione giusta per gustarti il disco e ti fornisce una serie infitinita d’informazioni che ti permettono di goderti al meglio la musica stessa.
La musica… già il blues del Texas, questo stato del Sud, dalle influenze ispaniche e dai ruggenti e travolgenti umori. Fabrizio questa volta va proprio al cuore del problema, non si limita a invitare alcuni significativi musicisti del genere a suonare con lui o la sua band (come nel caso dei Chicken Mambo), ma mette in piedi una band tutta a stelle e strisce e con questo gruppo suona il blues, intreccia il soffio della sua armonica alle diverse voci, alle chitarre ora suadenti, ora taglienti, in una lunga carrellata sui brani più significativi di quell’area geografica. Un Texas, non dimentichiamocelo, che è una della realtà più vive e propositive di tutti gli States.
Si parte alla grande con un brano di Blind Willie Johnson interpretato da una mai abbastanza onorata Carolyn Wonderland, Nobody`s Fault But Mine, seguita da Walk On di Sonny Terry e Brownie McGhee, ovviamente, verrebbe da dire, eseguita alla voce da Ruthie Foster. Davvero superbo è invece Poggi stesso all’armonica in Forty Days And Forty Nights di Muddy Waters, con Mike Zito, originario del Missouri, ma ormai una colonna della scena musicale di Austin. Un altro musicista con un grande seguito nella città texana, W.C. Clark, ci riporta alle atmosfere di Steve Ray Vaughan, che fu suo musicista nei primi anni Settanta. Si ritorna alle voce femminili con Lavelle White con una gigantesca versione di Mississippi, My Home, il mio brano preferito dell’album, un blues lento e solenne con le chitarre elettriche della Wonderland e di Bobby Mack duettano con l’armonica di Fabrizio. Neighbor, Neighbor vede Bobby Mack direttamente impegnato alla voce in un brano di Jimmy Hughes, immediatamente seguito da un altro brano di Mike Cross, da lui stesso interpretato, Many In Body, con una bella parte di pianoforte di Radoslav Lorkovic. Shelley King con Welcome home ci riporta a vedere le stelle: ancora le chitarre della Wonderland e di Joe Forlini incantano in un brano che profuma di grande classico. Chiudono il disco ancor aut brano di Mike Cross e una più che essenziale Run On, con Guy Forsyth alla National guitar che ci riporta al cuore di questa musica e il nostro cuore tocca profondamente.
Grande band, grande e intelligente regia dell’operazione, grande Fabrizio Poggi nel concepire quest’idea discografica.
Che dire… non è consigliato… è proibito non possederlo, questo disco!
Andrea Del Favero
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