L’immigrazione, oltre a essere un tema scottante e d’attualità, anzi, forse proprio per quello principalmente, è proprio un argomento difficile da affrontare. Soprattutto se ci si vuole far sopra delle canzoni.
E in questo disco ci sono le barche che salpano verso l’ignoto, proprio il brano iniziale, Boat To Nowhere, che apre questo Land Of Gold, barche salpate verso un destino che non sarà, o sarà comunque diverso da ciò che uno si aspettava o sognava.
La morte della madrepatria non è in quello che ci lasciamo alle spalle, ma in tutto ciò che dimentichiamo, e tu non sei così privilegiato – così in questo suo ultimo disco Anoushka Shankar tenta di dar forma alle emozioni provocate dalle tragedie dei profughi. Sono drammi fisicamente lontani dalle nostre case e dalle nostre famiglie, ma resi sempre più vicini dalle immagini e dalle notizie che ci rimbalzano addosso dal Mediterraneo e dai Balcani. Land Of Gold è un viaggio della speranza, che tenta di farci rivivere sensazioni, emozioni, dolori e quelle poche gioie che i migranti forse provano confrontandosi con le quotidiane difficoltà del loro camino. Il sitar della Shankar evoca gli aromi delle terre d’Oriente, amalgamandosi bene sia con gli strumenti provenienti dalla tradizione indiana e con quelli della cultura occidentale. C’è spazio anche per per strumenti diversi come l’hang suonato da Manu Delago, che mescola armonici impazziti con il sitar, aggiungendo fascino al disco, grazie anche all0intelligente lavoro al contrabbasso di Larry Grenadier e l’espressiva musicalità di Sanjeev Shankar allo shehnai, che, ricordiamo, è un oboe popolare indostano.
Ma non pensiate che ci sia solo sofferenza in questo disco della Shankar, c’è speranza, quella di chi ce l’ha fatta a sopravvivere al viaggio e vede davanti a sé un futuro miglior, e anche di chi continua visionariamente a guardare avanti, a lavorare per costruire un mondo meno globalizzato, con meno lotte tra poveri, più ricco interiormente. Si passa così da una minimalista Dissolving Boundaries alle sonorità pieni di armonici in libertà di Say Your Prayers o la dichairatà mediterraneità di Reunion, brano che chiude il disco, mentre Land Of Gold e Remain The Sea parlano entrambi della morte del piccolo Aylan Kurdi, naufragato sulle coste della Turchia. La Shankar, da mamma, riflette qui su quanto possa essere terribile vivere una simile esperienza come donna e madre. Il brano che da il titolo all’album è invece cantato da Alev Lenz, tedesca di origini turche, e vagheggia di un luogo di pace e serenità, il rifugio che ogni madre sogna per il proprio figlio, specialmente quando queste sembrano irraggiungibili. In Remain The Sea il testo viene dalle parole di Pavana Reddy, poetessa del web, e vengono interpretate addirittura da Vanessa Redgrave. Questo disco riesce a essere commovente, ma non scade mai nella retorica, la Shankar non trincia giudizi, non offre il destro per polemiche e parole forti. C’è voglia di casa, di pace e serenità, in questo disco che narra storie con gusto e passione. C’è amore, amore per le tematiche e grande amore per la musica: disco di classe, un album che fa riflettere, da ascoltare più e più volte.
Gianni Giusti
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