Ben diciassette brani sono il contenuto di questo disco! Che dire… travolgente! Soprattutto quando Jurado stesso dichiara di voler mettere a proprio agio l’ascoltatore. D’altra parte il nostro è un vulcano produttivo, non c’è che dire: questo Visions Of Us on the Land è il suo quattordicesimo lavoro, il nono sotto l’etichetta canadese Secretly Canadian Records.
Proveniente da Seattle, questo artista sommesso e discreto, perennemente alla ricerca di nuove soluzioni di arrangiamenti grazie anche al creativo contributo di Richard Swift. La sua forte vena onirica ci porta in una città misteriosa, che si chiama Maraqopa, riflette sulla tragica morte a causa di un incidente d’auto in Brothers And Sisters of The Eternal Son. Dopo la vita e la morte tra sogno e impegno sociale, incanto e disincanto… Un tema comune che attraversa gli ultimi tre dischi di inediti del cantautore di Seattle, dichiaratamente costruiti in forma di trilogia. Un forte sentimento folk, attraverso la sua voce e la sua chitarra, domina nella scrittura di Jurado e sono perfino ovvi i rimandi a un ruggente passato che sa di Nick Drake ed Elliott Smith.
Cè spazio anche per la psichedelica November 20 e nell’onirica Mellow Blue Polka Dot parte una piccola astronave che poi atterra su lidi di maggiore raffinatezza nella latineggiante Qachina. Delicati e più in linea con le atmosfere dei lavori precedenti brani come And Loraine e soprattutto Queen Anne, nonché la conclusiva Kola. Più cupe ci sono parse Walrus, Taqoma e A.M. A.M, nella quali la ricerca di nuove sonorità a ogni costo tende un po’ a soffocare la liricità complessiva.
Sono cinquantadue i minuti complessivi di questo Visions Of Us on the Land: una lunga colonna sonora introspettiva che chiude quasi cinematograficamente come un’ideale colonna sonora, nella quale Jurado vede dal di fuori il suo alter ego vivere ed emozionarsi.
Piacevole nella sua visionareità.
Felice Colussi
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