AUTOPRODUZIONE MG001, 2008 – CANZONE D’AUTORE/ITALIA
Passato quasi sotto silenzio da una critica musicale incapace di reggere agli urti di un disco che propone spinte contrastanti e complesse costruzioni emotive, Ancora un ballo del chitarrista e cantante Maurizio Geri è in realtà un lavoro assai omogeneo, disegnato per porre in primo piano due insiemi fatti apposta per sovrapporsi: la nostalgia e lo swing. Anche senza (ma sarebbe meglio che lo faceste) riandare a leggersi quanto detto da Geri stesso nell’intervista che FB pubblicò nel numero 241, l’amore per certe atmosfere rétro e la profonda conoscenza di un genere musicale (assai affine al jazz manouche che il chitarrista frequenta con il suo Swingtet) risaltano con una evidenza palese. Formalmente elegante, fin dalla confezione ma ancor di più dal contenuto, Ancora un ballo è un disco meditato e curato fino all’inverosimile, ma senza per questo divenire stucchevole: c’è nella sincerità delle intenzioni una immediatezza che si raffigura sia nei testi fortemente evocativi, talvolta anche leggermente ermetici, e nelle forti alternanze della musica, ora trascinante al galoppo, ora riflessiva e ammaliante. Un progetto poetico che si ammanta di mistero e dissemina indizi rivelatori, come la scelta inusitata della ghost track La Partenza, tratta dal repertorio del trallalero genovese. E dall’equilibrio fra parola e musica, con una solo più immediata prevalenza della seconda sulla prima (e qui facciamo serenamente autocritica per non averlo capito subito), nasce la magia di un’opera che sa pizzicare le corde giuste dell’anima nella scia di una scuola cantautorale che se ad Asti, in casa Conte, raggiunge i suoi massimi livelli di notorietà, anche a Pistoia ha qualcosa da dire, più nuovo e più inconsueto. “Balenano gli sguardi aristocratici/Di mannequin allevate a pancarré/Si incrociano meticci gli aleatici/Miscugli prevedibili/Passioni comprensibili/Sorride Babilonia al Grand Hotel”.
Roberto G. Sacchi
Lascia un commento