di Gianni Giusti
E’ uscito il 3 febbraio 2017 questo album, registrato tra Berlino, Londra e la Liguria per assecondare un respiro internazionale al progetto, un disco che conferma la ricchezza compositiva di Marti, un progetto nel quale la musica si nutre di influenze cinematografiche, letterarie e artistiche a trecentosessanta gradi. Chicca finale la copertina e l’intero progetto grafico del disco, firmati da un grande nome del fumetto contemporaneo come Igort.
L’artista che si nasconde dietro Marti si chiama in realtà Andrea Bruschi, si divide tra le coste liguri e Berlino, scrive canzoni, recita, ama Cassavetes e lo cita: trovate persone che volete emulare e supportatele. Non importa dove siano e che forma d’arte facciano, sia musica o qualsiasi cosa. In quest’album album musica, cinema, grafica e letteratura si fondono e si completano a vicenda.
C’è Mr Sophistication, il personaggio del film culto Assassinio di un allibratore cinese di John Cassavetes.
C’è un marito naufrago che vive su una zattera alla deriva in mezzo al mare. C’è Evatima Tardo, un artista fachiro di vaudeville descritta da Houdini come una delle donne più belle del mondo, resa immune al dolore dal morso di un serpente letale. C’è ovviamente il re del minibar, colui che si siede sempre in un angolo, che entra solo per un pelo nell’inquadratura delle nostre giornate, delle nostre vite. Un disco pensato come una graphic novel ambientata in un hotel di Berlino a dieci stanze, tutte con il loro minibar, ognuna con il proprio ospite e la sua storia da raccontare.
Il progetto musicale del cantautore e attore genovese Andrea Bruschi chiude così una trilogia discografica iniziata con Unmade beds (2006) e proseguita con Better mistakes (2011), ben accolti sia in Italia che all’estero.
La produzione artistica è di James Cook e oltre a Bruschi alla voce, hanno preso parte alle registrazioni Claudia Natili al contrabbasso e Simone Maggi alla fisarmonica, al pianoforte, all’oboe e al sax.
C’è new wave, il noir delle colonne sonore, la sperimentazione e il cabaret quasi world della scena tedesca, il cantautorato della tradizione italiana, l’amore incondizionato per David Bowie, Nick Cave e Depeche Mode, il gusto pop per il ritornello melodico, certe spruzzate world che spuntano di qua e di là.
Ho amato quegli artisti – spiega Andrea Bruschi – che tra gli anni Settanta e Ottanta avevano una poetica inclusiva di tutte le forme d’arte: il cinema, la pittura, la letteratura, la recitazione, la performance. Grazie a quel filone musicale ho conosciuto l’arte e me ne sono innamorato.
Un disco forse un po’ a margine delle nostre direttrici, ma decisamente gradevole.
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