di Nicola Cossar
Era il settembre di ottanta anni fa quando a Russi si scriveva la prima pagina corale di un singolare, lungo, fecondo e irripetibile libro di storia della musica popolare romagnola: la storia dei cantarê. Non è soltanto il dipanarsi delle vicende di un coro generazione dopo generazione, ma è anche uno spaccato sociale, culturale e civile di questa cittadina del Ravennate. Affascinante, ricca di aneddoti, di traguardi, una piccola epopea che ora Susanna Venturi ci racconta nel cd book (libro di oltre 200 pagine più disco con ventidue cante) pubblicato da Nota per la collana etnomusicologica Geos (fondata da Roberto Leydi e Pietro Sassu) e intitolato I cantarê – I canterini romagnoli di Russi dagli anni Trenta a oggi.
Un coro si racconta attraverso le voci, i maestri, i brani e i concerti, certamente. Ma prima di tutto si racconta spiegando il senso delle camerate romagnole, quell’impegno di molti per (ri)dare il canto al popolo, recuperando l’autenticità e la spontaneità del cantare insieme e del dialetto, il rispetto e la riscoperta delle radici, la necessità di ragionare (magari anche con toni accesi) sul ruolo dei maestri e dei musicisti seri che spesso cercano di far quadrare tempi e linee melodiche che non vanno aggrediti, perché così facendo si svilisce e tradisce – conducendoli altrove – il senso per cui quei brani sono nati. Raccontare i canterini di Russi attraverso gli anni significa, in fin dei conti, tornare a una salutare e serena riflessione, più ampia (storicamente e… geograficamente) sul cantare popolare, sulle improvvisazioni, sulle voci soliste e d’insieme, soprattutto sulla gioia del fare musica in compagnia e per la gente. Senza fronzoli, senza estetiche da emicrania perenne, senza gogne tecniche.
Susanna Venturi, storica e musicologa molto apprezzata, non ci offre un percorso tecnico o elitario, ma ci fa entrare invece nell’affascinante diario di viaggio di orgogliose generazioni dei canterini; ci parla delle grandi intuizioni di Aldo Spallicci (Daremo una musica al popolo, scrisse questo medico innamorato della cultura e dell’identità della sua gente) e di Francesco Balilla Pratella, visionario futurista (e un po’ profeta) che aprono una nuova stagione di riscoperta del folclore; ci parla dei maestri, a partire dal mitico Domenico Babini (un uomo nuovo) dei ruggenti inizi, per proseguire con Francesco Pezzi, padre Vincenzo Cini e Domenico Silvestrini, fino al pianeta donna, con Alessandra Bassetti, prima guida femminile del coro. In mezzo – come si diceva all’inizio – tante vicende di cronaca, di costume e artistiche, di costume, come l’inserimento dei danzerini, che ben rappresentano la realtà più autentica di Russi e di questa sua piccola grande leggenda (non solo) musicale.
Impreziosiscono il volume le riproduzioni di alcune partiture del maestro Babini e i testi delle ventidue cante racchiuse nel disco allegato: brani tratti dai dischi del 1978, 1983 e 1986. Al di là di numeri e titoli, un consiglio: mettete il cd nel lettore, fatelo andare e aprite il libro. E il più bel regalo che potrete fare, con gratitudine, ai Canterini romagnoli di Russi.
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