di Nicola Cossar
La musica popolare rinasce nella musica colta. Sembra una contraddizione in termini, perché si parla di mondi lontanissimi. Eppure, quando ci accostiamo ad essa con rispetto, curiosità, intelligenza e freschezza creativa la musica popolare trova nuova vita: la melodia, vestendo nuovi abiti, si rigenera, le radici non si perdono, l’identità non sbiadisce. Operazione pericolosa? Difficile? Certo che sì, ma è una bella sfida, di quelle che non puoi non raccogliere. Così ha fatto, con successo, Orio Odori, musicista (eccellente al clarinetto) e compositore dai mille interessi, dalla cameristica a Zappa, dai colori balcanici alla…. Toscana.
Questa è una storia di incontri in Valdarno superiore, nell’Aretino, dove per quattro decenni un uomo di cultura e di profonda umanità come Dante Priore ha raccolto, con un paziente e rispettoso lavoro, le ultime testimonianze di un mondo contadino in via di estinzione: dai grandi vecchi ha preso in eredità storie e racconti, poesie (soprattutto in ottava rima), filastrocche, contrasti, stornelli. Un’operazione di salvataggio della memoria, di fondamentale archiviazione prima (nel comune di Terranuova Bracciolini), di pubblicazione di documenti e musiche poi e, adesso, di coraggiosa riproposta moderna. Questo tesoro è stato documentato, dal 1992 al 2011, con 5 volumi e 8 cd (curati dallo stesso Priore e da Carlo Fabbri), ora l’incontro tra Dante e Orio ha prodotto un album diverso, proprio per l’approccio moderno, negli arrangiamenti e nella strumentazione (un settimino), dedicato a quei gioielli. Il disco (collana block nota) s’intitolato RAPSODIA TOSCANA – ECHI E SUGGESTIONI DI CANTO DALL’ARCHIVIO DI DANTE PRIORE. Con Orio al clarinetto ci sono Marisa Rossi al flauto, Giacomo De Simonis al fagotto, Raffaele Chieti alla tromba, Diana Colosi all’arpa, Damiano Puliti al violoncello e Sergio Odori percussioni, con il bel contributo di Adele Odori al sax, uno strumento che, certo, viene dal jazz e dal pop, ma che qui trova una collocazione isolata ma comunque molto gradevole.
Parliamo di strumenti perché è a loro che Odori affida il canto, la melodia, esclusivamente a loro. Non sembri un tradimento però: è soltanto un approccio diverso, ma fatto di rispetto e affetto per le radici e i frutti che nei secoli queste ci hanno donato e che tutti abbiamo il dovere di preservare. Come spiegano Priore e Onori, il progetto si richiama un po’ – con le ovvie e debite proporzioni – al sommo lavoro di raccolta e rigenerazione che fece Liszt nella tappa italiana delle sue Années de pèlerinage.
Il disco contiene sei tracce. Si apre con La ballata di Sante Caserio, dedicata al giovane anarchico che nel 1894 finì sulla ghigliottina per aver pugnalato il presidente francese Carnot. Si prosegue con il brano per me più bello: i 21 minuti di Rapsodia. Qui, nella scrittura contaminata di Orio nascono a nuova vita tante canzoni, che parlano di amore, famiglia, cronaca, fede e politica. Citiamo, a mo’ di esempio, l’arcaica Ninna nanna, fante, la devozionale Bianca Regina Fulgida, l’anarchia di Su fratelli, e su sorelle, La storia di Antonio del Vino, bel brano dei cantastorie, Le fabbrichine (satira e lavoro) e la popolare La Tea fa il bucato. Il botta e risposta degli stornelli anima la Giga, mentre un’altra rapsodia è racchiusa in Promenade, dove – annota Priore – si rievocano le sonorità e l’atmosfera delle veglie: il canto delle storie acquistate al mercato (o anche memorizzate dopo un semplice ascolto), gli stornelli, le ballate tradizionali, come Mamma mia dammi cento lire, che ritorna in tre varianti nella parte conclusiva del brano. La quinta traccia, Cecilia, potrebbe essere definita un omaggio a Costantino Nigra: qui sono riproposte due canzoni di narrazione che dal Piemonte si sono diffuse in tanta parte d’Italia, ovvero Cecilia e Donna lombarda. Nella conclusiva Donne troviamo la presenza di Quell’uccellin del Po, E quando vai in Maremma, Soldatin della Vigna Nuova e La bella Venezia.
Nel booklet troviamo gli interventi di Sergio Chienni, sindaco di Terranuova Bracciolini, che spiega il senso del progetto modulare dedicato all’archivio di Dante Priore, di Pietro Clemente, dello stesso Dante e del maestro Odori. Clemente, soffermandosi su etnomusicologia e antropologia, sottolinea che in questo nuovo quadro complesso nessuno aveva più pensato al gesto elementare di ritrovare la musica popolare come fonte di ispirazione per la musica colta, dando così una belle definizione dell’estetica che guida questa Rapsodia. Priore, invece, introduce le sue riflessioni con le rime pascoliane di Lavandare. E ne spiega il perché: A questi versi del Pascoli, che esprimono una profonda sensibilità, una commossa, autentica empatia con lo spirito e i modi del canto popolare, accosterei le note del pianoforte di Liszt nel supplemento al secondo libro delle Années de pèlerinage, che ha come titolo Venezia e Napoli/Gondoliera, Canzone, Tarantella: ho in particolare presenti le suggestive variazioni sull’aria della canzone napoletana Fenesta vascia con cui si chiude la composizione. Al maestro Odori è stato proposto un viaggio simile. Che così racconta: Ad un concerto con musiche mie dedicate alla poesia di Aldo Palazzeschi rivedo Dante Priore. Mi convoca a casa sua, mi accoglie una musica. In questo cd vive una sua idea. La sua ricerca-raccolta di brani popolari, che è durata quarant’anni, ha prodotto ore e ore di melodie che cullano testi e poesie, filastrocche e contrasti, canzoni narrative, ottava rima e stornelli eseguite da cantori che lui chiama informatori. Ho capito solo molto più tardi quello che Dante Priore mi ha chiesto e quello che insieme abbiamo fatto, rubando una sua frase: gli stregoni possono morire solo quando hanno lasciato la propria eredità, sapienza e conoscenza, io ora posso farlo, perché ho consegnato a Orio quelle melodie che ho scoperto e che ci tenevo fossero valorizzate.
Il risultato è notevole e piacevole, la musica popolare vive felicemente nella musica colta. Un incontro e non uno scontro, né tanto meno un tradimento verso altri lidi. Il modo migliore per consegnare a tutti un seme prezioso che ci parla di noi e della nostra storia, di una famiglia, un borgata, un paese, una vallata, là in Toscana.
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