di Fabio Giuffrida
Non è recentissimo questo lavoro di Alfio Antico, grande talento siciliano delle pelli. Undici tracce lo compongono, dove gli umori della sua Sicilia escono come una canto che sulle montagne rimbalza di rocca in roccia in roccia, rincorrendo greggi, abbaiare di cani, stridi di rapaci in volo nel sole a picco nel cielo così terso che solo in Sicilia potete trovare. Tra li muntagni, come canta Alfio, come in un ventre di madre, dove i versi stessi degli animali si fondono con le parole delle sue stesse poesie recitate con piglio sicuro, dove emergono le passate collaborazioni teatrali anche d’alto livello, il soffio del vento porta il suono di campanacci lontani, e il raglio di un asino e il cuore pulsa mentre Alfio racconta. Saperi antichi, passateci il giochino sul suo nome, che dalle punte delle dita passano alle pelli delle tammorre, quelle piccole e quelle smisurate, e anche alle mani di Lorenzo Colapesce Urciullo e Mario Conte che aggiungono contemporaneità con l`intreccio di sintetizzatori e chitarre elettriche.
Fra la pelle della pecora e l’incavo della mano c’è aria, aria che suona, aria che trasmette, che passa attraverso i corpi dei musicisti, permea gli strumenti, incanta nell’eternità del canto mediterraneo, magicamente sospeso tra Ferrara, dove oggi Alfio ha la propria residenze e le montagne intorno a Siracusa che lo hanno visto giovane pastore. Non vi è retorica in questa visione agreste di Antico, semplicemente vita vissuta. La sua! Straordinaria, come straordinaria è l’esperienza musicale che permea le tracce di questo lavoro registrato in un agriturismo a Gangi, nel quale rinuncia a tutto il campionario tipico della musica popolare: tamburo e voce prendono il pieno controllo di undici improvvisazioni dal forte impatto emotivo. E il buffo è che le lievi incursioni elettroniche di Venditori ambulanti e le ritmiche tribali di Storii di pisci portano, non sappiamo se consapevolmente o meno, in un’aura di psichedelica che ammalia, così come in un’oscura e arcaica Anima, quasi sciamanica, mentre in Pirchì e La Rosa ritornano toni più poetici e descrittivi, dove la chitarra acustica ricami su un tappeto di evocativi suoni naturali d’ambiente.
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