di J.d.M.
Ci sono adulti che riescono a vincere la noia di una vita troppo uguale a tante altre costruendo un modellino del Duomo di Milano in scala 1:1.000 usando solo stuzzicadenti, e li chiamiamo hobbisti.
Ci sono suonatori dotati di grande spirito di sacrificio, mediamente di tecnica, soprattutto di grande considerazione di se stessi, e li chiamiamo chitarristi.
Più frequentiamo l’ambiente della musica suonata, più ci rendiamo conto che questa categoria è veramente degna di particolare attenzione. Anche questo mensile dedica loro, unico caso, una rubrica apposita. Forse che trovate in FB Italia a tre pistoni dedicata ai trombettisti, Italia a 88 tasti dedicata ai pianisti, Italia a 12 fori dedicata ai flautisti?
Il chitarrista esige lo specifico, si sente vittima del mondo e braccato dal destino nonché parafulmine di ogni sfiga e al grido di il miglior attacco è la difesa tende a isolarsi dal resto del mondo e a costruirsene uno a propria immagine e somiglianza. Un mondo senza Roma e Milano, Palermo o Napoli ma pieno di Sarzana, Soave, Fiorano Modenese, Pieve di Soligo, il Lago d’Orta e poche altre località in cui la chitarra e i chitarristi sono da soli, si incoraggiano fra loro, si ascoltano fra loro, forse anche – non è stato ancora scoperto come, dato che il genere femminile latita – si riproducono…
E poi le riviste… E poi i dischi… Se la testata o il titolo non contiene la parola chitarra (al singolare o al plurale) o i corrispettivi esterofili guitar, guitare, gitarren è inutile leggerla o ascoltarlo perché non conosce i nostri problemi, non ci capisce, non ci rappresenta, non lotta insieme a noi, quindi è contro di noi.
Badate bene, non sto parlando dei professionisti o dei dilettanti evoluti. Questi sono di solito persone serie, musicisti con i controcazzi, sanno cosa fanno e dove vogliono arrivare, e per di più moltissimi di loro sono pure simpatici, oltre che tutti bravi per tecnica e per cuore. Parliamo invece dei loro epigoni, dei dilettanti, degli appassionati, di tutto quell’esercito che non si separa mai dal proprio strumento, il più delle volte chiuso in una custodia semirigida dalla quale esce sì e no tre volte l’anno giusto per prendere aria. In effetti è vero: non li sopporta più nessuno, i loro maestri per primi, che assistono impotenti ai loro scarsi progressi nella graduatoria del gusto musicale, del sentimento, della capacità di comunicare (in una parola, l’espressività artistica) a tutto vantaggio della tecnica fine a se stessa, della logica del riff ripetuto fino alla noia, dell’esercizio che ricorda più una palestra che un teatro, della velocità che diviene principale criterio di bravura a scapito di tutto il resto. Poi non li sopportano più i liutai, ai quali chiedono ormai l’impossibile (chitarre con tre manici, chitarre arpa, chitarre a sette corde e un quarto, chitarre su misura, chitarre a vela, chitarre biologiche). Poi non li sopporta più nessuno perché parlano solo di chitarra: se solo cerchi di portare l’argomento su qualcosa di diverso il chitarrista hobbysta medio si chiude a riccio e come se niente fosse ricomincia con più forza a parlare dei suoi dubbi se nei giorni piovosi o dispari sia meglio amplificare con l’Orange AD30HTC Head Tube classe A valvolare o con il Rivera Combo Pubster 45. Chissà poi se anche Mazzola ha in catalogo qualcosa…
Adesso vi chiederete: cosa hanno fatto di male i chitarristi a JdM per avergli fatto accumulare una tale carica di livore nei confronti della categoria? Gli hanno rigato la macchina con un plettro in plastica dura? Gli hanno rapito la moglie? Gli hanno rubato tutta la collezione di Tex Willer? No, nient’affatto. Anzi, a proposito: che strumento suona JdM? Ma la chitarra, è ovvio… E tutto quello che ha scritto, che è solo una parte di quel che pensa, lo sa per esperienza diretta.
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