di Gianni Giusti
Andrea Cubeddu risiede da alcuni anni a MIlano, pur essendo originario della Sardegna. La sua grande passione musicale è però il blues del Delta e il Blues rurale. Dopo un’esperienza a Chicago trova una sua collocazione artistica giungendo alla sua prima produzione discografica completa, Jumpin’ Up And Down. La prima volta che ho sentito questa frase – racconta lo stesso Cubeddu – è stata nel brano Preachin’ Blues di Son House (I was in the pulpit / I was jumpin’ up and down). Questo espressione descrive lo stato di irrequietezza e smania del cantante, che veste il ruolo di prete battista, di raggiungere e colpire il cuore e le coscienze dei credenti, con un’omelia dettata dal fervore e della passione con la quale essa stessa viene pronunciata. Stato mentale e d’animo in cui io stesso mi ritrovo, ogni qual volta canto le mie storie.
Un omaggio, dunque, rivolto a Son House, a cui Cubeddu deve molto. Dodica brani orignali, nei quali l’argomento principale è quel cosiddetto tempo di transizione, della migrazione dal luogo che il Cubeddu chiama casa, la Barbagia, il cuore della Sardegna, dove si trovano la sua famiglia, i suoi amici verso la città di Milano, e del conseguente impatto con una nuova vita scandita da ritmi, abitudini e tradizioni sensibilmente distanti da quelle sarde, alle quali deve giocoforza adattarsi. Jumpin’ Up And Down racconta anche delle piccole battaglie che ogni persona vive quotidianamente, soprattutto i giovani della sua età: relazioni sentimentali tormentate, colpi di fulmine insensati, il necessario distacco dalla famiglia, la ricerca dell’indipendenza, le prime vere e proprie responsabilità del mondo degli adulti. L’immagine di copertina ritrae Andrea Cubeddu coperto da una folta pelliccia bianca e una maschera rituale raffigurante un cervo. Un buon esordio!
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