di Alessandro Nobis
Matesha (l’altalena intorno alla quale i giovani sefarditi si riunivano per raccontarsi storie e cantare canzoni) è il bel disco d’esordio di questo trio padovano formato da Namritha Dama alla voce, Giulio Gavardi ai plettri e Niccolò Giuliani alle percussioni che ha scelto di lavorare sul repertorio degli antichi canti delle popolazioni di religione ebraica nella Spagna mediovale. Il repertorio è quello conosciuto e contiene melodie piuttosto conosciute dagli appassionati del genere come La Rosa En Florese (La Rosa Enflorece), la delusione amorosa di Adio Querida (Addio / Addio cara / non voglio la vita / me l’hai rattristata tu), la storia di Abramo in Kuando el re Nimrod, ma la chiave di lettura che Mi Linda Dama offrono all’ascoltatore è molto diversa da quella colta proposta dall’Hesperion XX di Jordi Savall o dai Cantilena Antiqua di Stefano Albarello; il suono di Matesha è più popolare e si avvicina probabilmente a come queste canzoni – delle vere e proprie poesie musicate – venivano suonate e ascoltate appunto attorno ai luoghi d’incontro come le altalene, lontane dalla sontuosità e ricercatezza proposte dai gruppi che prima ho citato.
Anche la scelta della strumentazione è davvero convincente e accurata, andando a coprire una territorio culturale che va dal medio oriente turco alle terre bagnate dall’Atlantico, che al tempo dei sefarditi si chiamava Al-Andalus (del resto ancora oggi, in Marocco, vivono comunità ebraiche) e gli arrangiamenti riescono a fondere questi diversi suoni: visti dal vivo mi sento di dire che Mi LInda Dama riescono ancor meglio che su disco ad affascinare il pubblico con il loro repertorio grazie anche alla presenza vocale e fisica della cantante Namritha Dama.
Lascia un commento