D’AUTORE DAP 1001 (distr. Azzurra Music), 2010
Quando ci si imbatte in dischi come questo si è sempre in forte dubbio recensorio. Da un lato la prima impressione, quella legata all’emotività, che ti fa dire cose egregie per la capacità di coinvolgimento e l’immediatezza che parole (in veneto o in italiano, non cambia) e musica proposti dalla PBB dimostrano di avere. Dall’altro, le osservazioni più meditate, i richiami, le ispirazioni, le note musicologiche, le linee compositive e le capacità esecutive, che confermano l’opinione positiva provata a pelle. Tutti d’accordo, allora? Abbiamo il disco perfetto, quello che è destinato a essere considerato un capolavoro? Forse è presto per dirlo, perché i capolavori, secondo noi, devono avere quella caratteristica di universalità di percezione che solo il tempo può dare; ma se, per fare un esempio, “Nostra Signora delle Antenne”, una delle migliori tracce del Cd, ricorda a te e a tanti –interpellati sull’argomento- “La Domenica delle Salme di Fabrizio De Andrè (capolavoro assoluto), allora vuol dire che non siamo lontani dall’obiettivo. Anche se forse si sarebbe potuto scegliere un arpeggio di chitarra meno simile… No. Su questo cammino non si va da nessuna parte. Allora cerchiamo un altro approccio… Proviamo a dire che “Ladro di Rose” potrebbe essere il disco-manifesto di una nuova canzone popolare, vicina all’evoluta sensibilità di un popolo alfabetizzato che sa usare (anche se male) il computer, senza nessuna concessione falso-populistica, che merita di più degli anacoluti e dei due accordi in croce dei cantastorie e delle mondine, fenomeni di grande valenza culturale ma inesorabilmente legati al secolo scorso, e forse anche a quello prima? Proviamo a crederci e cominciamo a canticchiare “San Martino” senza farci spaventare dalla sua poliritmia: si può fare, e viene bene anche a più voci. Senza nulla togliere alla band, un merito particolare va riconosciuto alla produzione artistica di Carlo Carcano (Bluevertigo, Cristina Donà e altri). www.piccolabottegabaltazar.it
Roberto G. Sacchi
Lascia un commento