di J. d. M.
Ormai è Natale, mancano un paio di settimane appena. Un’occasione per vedere come cambiano le cose intorno a noi, perché in fondo, a questo servono gli anniversari. A ricordare e a ricordarsi.
Nel caso del Natale: a verificare quanto e cosa significhi per noi. Così ho ripreso la mia esplorazione metropolitana, approfittando di un fine settimana milanese, guidato da Slipjig, il mio schnauzer, che mi trascina sempre più lontano dalle buone abitudini. Un po’ per suo piacere, un po’ perché, ogni volta che ritorno in questa metropoli, le zone e le strade non edificate si allontanano sempre più. Nell’ultimo anno sono sorti almeno un paio di condomini, ciascuno con una quindicina d’appartamenti, anche se non capisco quanti di essi effettivamente siano abitati. Il mio giro con Slipjig, peraltro, è un’occasione utile e piacevole anche per me, perché ne approfitto per leggere, telefonare, chattare, senza troppa concentrazione: tanto mi guida il cane.
Il giro si conclude, puntualmente, intorno a una rotonda, che nel corso degli anni si è evoluta in modo sorprendente. All’inizio non si capiva a che servisse, così sperduta in mezzo alla campagna. Ora invece è alla confluenza di un incrocio con, da un lato, una nuova strada chiusa da una sbarra, che ha occupato quella che prima era campagna aperta (tre cani fa, negli anni Ottanta, ci venivo con Renaissence, un pastore tedesco. potevo lasciarlo libero di correre, tanto non c’era nulla).
Ora è costeggiata da una lunga serie di nuovi condomini colorati. e non ancora abitati. Forse… All’altro lato della rotonda c’è una strada non ancora asfaltata. Immagino lo sarà presto e anche lì nuove case, nuovi condomini. O forse una zona artigianale, chissà. Case e capannoni, d’altronde, crescono a prescindere dalla domanda, com’è noto. Sono bolle che volano alte e qualche volta scoppiano.
Poco lontano da qui, dove un tempo c’era aperta campagna e due antiche cascine, si continua a scavare e a costruire. Intorno sorgeranno altri edifici e tante, tante rotonde.
Rispetto allo scorso anno, gli alberi di Natale mi sembrano ulteriormente rarefatti. Può darsi che sorgano all’improvviso, nelle due prossime settimane, ma per ora non ne vedo nessuno.
Dietro alle finestre non si intuiscono neppure i presepi. Un tempo, ma tanto tempo fa, a casa mia lo si preparava a inizio dicembre e io ho proseguito la tradizione con i miei figli. Quand’erano piccoli ci aggiungevano i personaggi del loro tempo… Oggi lo faccio da solo. Riprendo la scatola degli anni passati, su in soffitta, con i pezzi tradizionali, i pastori, le pecore, i contadini. Ma in giro ce ne sono pochi, ormai, se non in formato bonsai: capanna, Madonna, Giuseppe, bue e asinello. E il Bambin Gesù già nato, senza attendere la notte di Natale.
Dice Salvini: più presepi e meno moschee. Moschee non se ne vedono, presepi nemmeno. È il declino del sacro, altro che invasione dell’islam! Anche gli addobbi consumisti, però, latitano. Fili luminosi e stelle rosso porpora. Forse li avranno concentrati in centro città., qui attorno proprio non si vedono. Sarà l’effetto della crisi, che inibisce l’esibizione della festa. Invece, qui e là, sono ricomparsi i babbi natali, appesi alle finestre e ai balconi, attaccati ai muri, come ladri. Qualcuno mi ha detto che è lecito abbatterli a fucilate, per legittima difesa. Mio cugino sta già lubrificando il doppio di nostro zio cacciatore…
Insomma: quando mancano due settimane appena, quest’anno, si vedono poche tracce del Natale. Forse sta arrivando, magari arriverà domani, senza preavviso.
Oppure stavolta se n’è andato, è fuggito altrove.
Può darsi che ritorni, però non pare siano in molti ad attenderlo.
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