di Alessandro Nobis
Dietro ad Atkè si nasconde un quartetto formato da preparatissimi musicisti con diverse storie musicali, ma con una comune mente aperta ai nuovi suoni che la dea greca ha fatto incontrare – a loro insaputa – e li ha ispirati a comporre la musica di questo bellissimo lavoro. Ne fanno parte il bravissimo suonatore di oud Elias Nardi, il chitarrista Claudio Farinone e il fiatista Max Pizio, che oltre ad essere dei signori musicisti sono anche compositori, e il funambolo della fisarmonica Fausto Beccalossi, campione di quel jazz che guarda alla musica popolare viste le sue frequentazioni con Simone Guiducci, Peo Alfonsi e Al Di Meola, giusto per citare tre suoi compagni di viaggio in vari e notevoli progetti.
Per capire dove è orientata la barra del quartetto basta leggere la scaletta sul retro della copertina; decisamente verso il vicino Levante, visti i quattro brani di ispirazione popolare armena (consideriamo così anche il brano di George Gurdjieff per quanto è intriso di tradizione già nella sua partitura originale), macedone e catalana.
Aria di Mare Nostrum – e dintorni – come quella fresca e pura che ti riempie i polmoni dall’ascolto dei nove brani: la lunga e pacata Flowers of Fragility di Nardi con l’introduzione di chitarra e oud a introdurre la solita splendida fisa di Beccalossi che dialoga poi con il sax soprano di Pizio, il travolgente brano iniziale Brise con un significativo solo di fisa – e voce – di Beccalossi, oppure Albaicin di Farinone con un bel interplay chitarra – fisa e le percussioni di Pizio.
Non c’è una nota fuori posto, non c’è una nota in più o una mancante, si ascolta tutto d’un fiato e poi si riascolta un’altra volta.
Una tempesta perfetta, forse gli dei e le dee greche non se ne sono mai andati…
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