di Alessandro Nobis.
Questo significativo lavoro nato sotto la direzione musicale di Rocco Nigro che coinvolge un consistente numero di musicisti riguarda tematiche, come si evince dal titolo, legate alla dura vita nelle campagne, al lavoro, alla situazione dello sfruttamento bracciantile, alle lotte contro il latifondo e all’emigrazione nel salentino; tematiche che all’epoca dei fatti – ovvero dalla fine del XIX° secolo fino al primo dopoguerra – sembravano destinate all’oblio sono drammaticamente ritornate ad essere attuali viste le condizione di lavoro alle quelli sono costretti sia parte delle popolazioni autoctone che le migliaia di persone emigrate dall’Asia e dall’Africa, subsahariana e non.
E’ un disco veramente ben concepito e realizzato, e un attento ascolto dei testi – intelligentemente riportati nella inlay card – possono far male anche alle coscienze più attente a queste tematiche, ripeto attualissime. Si parte da Gallipoli 1 maggio 1891, Festa dei Lavoratori: il Prefetto di Lecce con un’ordinanza vieta di manifestare in piazza, vieta gli assembramenti, niente cortei ma i socialisti salentini con la scusa della celebrazione della festa di San Giuseppe fanno suonare alla banda e ad un corteo spontaneo una canzone clandestina il cui testo era stato fatto distribuire nella totale clandestinità. Vogliamo lavorare otto ore al giorno / e passare in libertà tutto il resto della giornata, dice il testo cantato da Dario Mucci con Rachele Andrioli e Antonio Castrignanò, Sulle terre incolte d’Arneo / Noi porteremo la vita ed il lavoro / darem la terra a tutti coloro / a cui per anni l’agrario negò urla invece La ballata delle terre occupate, terre in mano ai latifondisti e lasciate incolte di proposito, Aprite tabacchine che state chiuse / un poco d’aria entri per queste ragazze / che per la puzza muoiono rinchiuse / don Cecco i milioni se li prende e se li porta via, descrive le orribili condizioni delle donne costrette a lavorare a porte chiuse nelle manufatture tabacchi: questa l’aria che si respira ascoltando Terra Pane lavoro, l’aria della memoria storica e popolare che ci riporta alle condizioni di lavoro, come dicevo, purtroppo spesso attuali. La raccolta dei pomodori per pochi euro lavorando sotto il sole cocente dall’alba al tramonto, il caporalato, la raccolta della frutta nelle caldissime serre, il lavoro delle sartine cinesi nelle cantine delle città, cosa è cambiato dal 1891? Poco o niente per i braccianti agricoli del gradino più basso della piramide socio economica, ed anche per questo il lavoro coordinato da Rocco Nigro (in origine allegato al volume di Luigi e Paolo Chiriatti Terra Rossa d’Arneo. Le occupazioni del 1949 – 1951 nelle voci dei protagonisti) è a mio avviso importantissimo, si concentra sulle microstorie della terra D’Arneo per spalancare una luminosa finestra sulle condizioni lavorative di centinaia di migliaia di esseri umani invisibili.
Naturalmente per chi vuole aprirla, quella finestra.
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