di Nicola Cossar
Il poeta è tornato. Negli occhi la luce ineludibile di tanti incontri, di tante strade di terra e di mare percorse o soltanto incrociate con uno sguardo. Nella voce la profondità antica della parola necessaria, il bisogno di raccontare, di dipingere i colori della vita dove amore e dolore sono l’alfa e l’omega ma dove tutto ha anche un senso, un destino, una speranza oltre ogni confine, del tempo e degli uomini. Non porta bisacce o denari il poeta, non alza la voce per esistere. E ci sfida: ci sfida a fare silenzio, per aprire poi il nostro cuore e il nostro intelletto all’incanto della musica sulla quale le sue storie – vere, inventate, sognate, che importa? – cammineranno libere, felici, amiche, finalmente nostre.
Il poeta è Edoardo De Angelis. Non è soltanto un maestro per tanti nostri illustri cantautori, è prima di tutto, e soprattutto, un’anima grande che gli anni non stancano, che la vita non sconfigge, che la giovinezza non smette di accarezzare, che l’arte dello scrivere non abbandona. Anzi lo accompagna in una stagione altra, fatta di Nuove canzoni.
E’ proprio questo il titolo dell’album che Edoardo ha pubblicato per l’etichetta Il cantautore necessario. Registrato con grande cura e talento da Fabio Ferri, il disco vede la partecipazione di una straordinaria squadra di musicisti, amici di oggi e di ieri, di sempre: Alessandro D’Alessandro (organetto), Primiano Di Biase (pianoforte, Hammond e fisarmonica), Fabrizio Guarino (chitarre e mandolino), Fabrizio Pandimiglio (violoncello), Giovanni Pelosi (chitarra acustica), Guerino Rondolone (basso), Simone Federicuccio Talone (batteria e percussioni), Nhare Testi (violino) e Alessandro Tomei (sax, flauto basso). Accanto a loro c’è l’Orchestra Filarmonica di Dnepropetrovsk (Ucraina) diretta da Valter Sivilotti, che tanti bei progetti ha realizzato assieme a De Angelis.
In un mondo dove le stelle nane della musica si spengono dopo un battito di ciglia a che cosa serve un disco nuovo? A chi serve? Serve alla bellezza, alle anime in ascolto, a chi non si accontenta, a chi cerca un mondo altro al di là dell’idiozia elevata a gusto, al di là dell’eterno presente che uccide la speranza. Serve a chi ha bisogno di parole antiche eppure nuove che scendano nel cuore, lo carezzino e lo fortifichino, gli restituiscano la fiducia e l’immensa capacità di sognare seminata in noi da sempre. Di sognare, pensare, progettare, fare. Non è una soluzione, certo, ma una prospettiva, una rotta, questo sì.
Chissà se queste stelle che ci guardano, chissà se stanno ferme o se si muovono, chissà se queste stelle sono vere, chissà se è solo un trucco del mestiere. Sono versi del primo degli undici brani (ripreso, alla fine, in versione strumentale): Il mago e le stelle. Storia di una notte, quasi shakespeariana, di un attimo perfetto in cui realtà, illusione e sogno si incontrano e poi svaniscono, perché non servono le luci di un teatro all’anima leggera dei poeti. In questa canzone – la nostra preferita – troviamo già tutta la cifra stilistica, artistica e intima del cantautore necessario (più che mai), capace dello stupore candido di un bambino, della riflessione sotto voce di un saggio che tanto ha camminato nel mondo degli uomini e del poeta che distilla ogni sillaba, ogni parola, ogni verso per poi lasciarli volare liberi fino a noi.
Ma ci sono gesti che vanno oltre ogni parola detta: Abbracciami. Non dire più parole, adesso abbracciami, a volte le parole sono inutili, si accendono e si offendono e dopo non ritornano. Ecco, in Abbracciami, il senso dell’amore che parla la madre di tutte le lingue, un esperanto del cuore che chiama il silenzio per ascoltare i versi del cuore, dei cuori, dell’amore, di ogni amore, fatto di cadute e risalite, che pulsa immenso, e a volte ignorato, nelle nostre vite.
A come Amore, A come Anna la Grande, protagonista di Anna è un nome bellissimo, la canzone successiva, profuma di pulito, è un nome gentilissimo, ha il suono di un invito a togliere le scarpe e correre su un prato, cantare una canzone, fino a perdere il fiato. Amore per la stella più brillante del cinema italiano: Anna Magnani. Ci ha insegnato – spiega Edoardo -, con la sua arte e con la sua vita, come la passione e il sentimento siano il senso più profondo del mestiere di vivere.
In Arriva il tempo, amico e avversario di sempre, De Angelis mette in musica i versi profondi, senza tempo, di Mariacristina Di Giuseppe, che ci dice: Ecco che arriva il tempo di ritrovare un tempo, per costruire un cielo, per questo mare dentro. Ecco che arriva il tempo di consumare il tempo ad ascoltare a fondo i tuoi respiri e il vento. Emozionante.
Un altro aspetto della poetica di Edoardo è sicuramente il costante impegno civile, mai urlato, sempre testimoniato, negli anni, con canzoni emblematiche del suo pensiero, come in Sponde, stupendo pezzo, scritto con Valter Sivilotti, che abbiamo ascoltato (e subito amato) al Mittelfest di Cividale. Da questa parte del fiume sono nato. Da questa parte del fiume era l’amore, la ragione, la speranza. Dall’altra parte del fiume le stagioni portavano la nebbia, il buio misterioso della sera: versi alti per ricordarci ancora una volta che nessun muro, nessun confine può fermare il fiume infinito dell’esistenza, che l’altro, il diverso, non è un nemico ma il prossimo amico, se ci crediamo… Brano di straordinaria attualità oggi in Italia e nel mondo (vedi Birmania, la civilissima America del Nord, l’Africa saccheggiata e devastata, gli antichi e tribali odii religiosi nel mondo arabo). Ma il poeta non è un leader né un ideologo: lui raccoglie e racconta storie di uomini senza nome e senza voce, diventando la loro voce perché ogni dolore possa essere ascoltato e lenito. Sponde è un altro vertice di questo disco… necessario.
Nella mia vita ho solo un credo, in quello che effettivamente vedo canta De Angelis in Galileo, un brano che ha cominciato a nascere trent’anni fa, poi composto, rivisto, smussato, levigato e ora finalmente nostro. Anzi, è proprio il grande genio pisano a raccontare la propria visione del mondo: Da una vita sono qui. Da una vita sono qui ai confini del cielo e coltivo la speranza e misuro le distanze, chiuse dentro un pensiero e adesso che mi sento andare a fondo, adesso posso disegnare il mondo.
Spazi infiniti nei quali scorre il tempo, il nostro tempo, Il tempo sconosciuto in cui il poeta mette a nudo la memoria del cuore, tira le somme: il seme che ho sparso darà i suoi frutti? La missione di amore, protezione ed educazione dei nonni e dei padri ora diventa nostra responsabilità, sfida e, a suo tempo, nuova memoria. Ma tu che non ricordi, tu mi ricorderai, perché il pensiero dura più del tempo. Il tempo di una frase, il tempo di un saluto, il tempo di un sorriso, il tempo sconosciuto, il tempo senza fine, il tempo di un minuto, il tempo regalato, il tempo sconosciuto, il tempo destinato, il tempo già vissuto, il tempo senza fiato, il tempo sconosciuto. Come non riconoscersi in questo fiume di emozioni?
Ci sono anche le preghiere laiche, profonde e immense come il mare. E c’è il Padre nostro di Edoardo: Dio delle tempeste, Dio delle barche rotte, Dio della speranza che brucia nella notte, Dio della solitudine, Dio della povertà, Signore della pace e della dignità!. Qui incontriamo il dramma epocale che ogni giorno si consuma nel Mare della Morte, nel Mediterraneo, in quel Mare Nostrum un tempo autostrada di commerci e culture e ora diventato tomba infinita. E ci chiediamo: Padre nostro perché stasera non ti riconosco?. E se lo domanda anche colui che implora, che cerca rifugio, consolazione e speranza in una nuova alba: Ho solo dieci anni, mi chiamano Ibrahim, non ho memoria di essere un bambino e dormo ad occhi aperti disteso sopra il mare, perché su queste acque ho imparato a camminare. Quella preghiera sperduta nella notte dell’umanità ora trova commovente approdo nel pensiero e nella voce del cantautore, profondo come il suo animo, come il mare buono.
In Alleggiu (Lentamente) l’artista romano ha messo in italiano una splendida canzone siciliana di Ezio Noto e Francesco Giunta: La vita corre con il passo lento, il tempo canta una canzone muta, la strada all’orizzonte è un’avventura. Però quando ti cerco con le mani e riconosco il battere del cuore, il tempo si nasconde nella stanza, il tempo è solo il tempo dell’amore. Versi nuovi per un sentire antico come le montagne.
I frammenti di memoria letteraria affiorano invece in Scegli il nome di un fiore, che non viene dall’America, non viene dalla Cina, è un fiore nato libero, ha un’anima bambina. Un gioco che il poeta stesso ci suggerisce: dare il nome di un fiore a un nostro segreto, ai gioielli custoditi nel cuore di ognuno. Nel segno del mai dimenticato Goethe.
Un altro momento di bilancio in agrodolce è la conclusiva Una notte romana, storia vera di quattro amici, la vita in un cortometraggio poetico che pian piano scioglie il nodo dell’amicizia nell’indifferenza dei sentimenti e dei palazzi intorno che imprigionano le piazze più belle della Città eterna: Era una notte romana, con il cielo più blu, con un bicchiere di vino e un altro bicchiere di più, si aspetta sempre qualcosa, che cosa poi non si sa. Da quanto tempo non nascono i fiori, nel cuore di questa città.
Ecco la piccola galleria di acquerelli di vita dipinti da Edoardo De Angelis, con i suoi colori di amore e dolore, speranza e delusione, dignità e testimonianza. Parole necessarie, pensieri necessari di un cantautore necessario, per un disco che resterà, perché qui abita la poesia.
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