MARINA PETRILLO
“Nativo americano. La voce folk di Bruce Springsteen”
Feltrinelli, 2010 – € 16.00
Per chi si è avvicinato alla musica di Bruce Springsteen con “Nebraska” ma anche per i fan della prima ora sorpresi dalla svolta solitaria dopo la trilogia di “Darkness”, “Born to run” e di “The river”, la Feltrinelli pubblica questo saggio – puntuale, approfondito, lucido e corretto nella sua analisi – scritto da Marina Petrillo, giornalista di Radio Popolare ed autrice nel 1996 di “I muri di Belfast”.
Bastano poche pagine per capire quanto importante sia – e sarà – il ruolo di questo volume per la “comunità”: mi riferisco non solo ai “devoti” del Boss ma anche a tutti coloro – appassionati, curiosi ma anche studiosi – della canzone ”folk”, di quelle ballate “epico narrative” che per secoli sono nate per raccontare persone e miscrostorie che hanno saputo attraversare il tempo, adattandosi e trasformandosi oralmente fino al loro “fissaggio” su carta o su nastro. E Springsteen è un autentico “storyteller”, un narratore che viaggia nel solco della tradizione trasmettendo a chi lo ascolta piccole – grandi storie; “Johnny 99” di Nebraska ad esempio, già fatta sua da una leggenda come Johnny Cash. E’ la tragica vicenda di un operaio metalmeccanico con famiglia a carico e mutuo da pagare che un bel giorno viene licenziato per la chiusura nel 1982 della Ford di Mahwah – era attiva dal 1955 – dove lavora; ridotto sul lastrico, disperato e con la casa requisita dalla banca, si autodistrugge ubriacandosi e commettendo un omicidio, fugge e viene catturato mentre minaccia il suicidio. Processato e condannato a 99 anni di reclusione è il protagonista di un thriller di quattro minuti, di una storia radicata nella realtà che rappresenta il disagio della classe operaia americana che rischia di diventare comune anche a quella europea.
“Nativo americano” si affronta piacevolmente anche come un saggio storico, e da un certo punto di vista lo è: non vi leggerete aneddoti “gossip” o “fotografie” della vita da rock star! Qui tutto – la musica di Springsteen e soprattutto le sue parole – ruota attorno a tre figure, a tre profonde e solide radici della cultura americana come John Steinbeck, John Ford (soprattutto quello di Furore e del suo eroe Tom Joad) e Woody Guthrie. E dopo una manciata di pagine la Petrillo ti fa sentire così superficiale da “costringerti” a rimettere sul piatto “Nebraska” ed ascoltare il Boss come forse non lo hai mai fatto davvero: cercando di capire cosa e chi ti sta raccontando, un passaggio questo fondamentale per ri-apprezzare anche “The River” o “Born in USA”, dove la musica almeno per il pubblico non anglofono ti affascina talmente da distrarti dai suoi fondamentali contenuti letterari.
Alessandro Nobis
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