di Andrea Del Favero
La Maschera è un giovane gruppo napoletano giunto al suo secondo disco, questo Parco Sofia che gira da due giorni quasi in heavy rotation radiofonica nel nostro lettore. Lo ammetto: la formazione guidata dal talentuoso Roberto Colella mi ha davvero colpito. La grinta, la pulizia del suono, la qualità compositiva e l’ottimo interplay tra i diversi strumentisti sul palco del Premio Parodi ai primi di novembre hanno davvero fatto la differenza rispetto alle altre formazioni, facendoli collocare al primo posto della classifica senza esitazione alcuna da parte della giuria.
Parco Sofia è stato pubblicato da Graff S.r.l., per l’etichetta Full Heads e registrato presso Phonotype Records da Gianni Ruggiero, mentre i missaggi sono splendida opera di Michele Signore e sono stati realizzati al Kammermuzak Studio Napoli.
Al già citato Roberto Colella, che è l’autore dei testi e delle musiche, si sono affiancati negli anni in questo progetto Alessandro Morlando alla chitarra elettrica, Vincenzo Capasso alla tromba, Antonio Gomez Caddeo al basso elettrico, Marco Salvatorealla batteria, Michele Maione alle percussioni, con le aggiunte di Carlo Di Gennaro alle percussioni di banda e Dario Sansone, Claudio Domestico e Alessio Sollo ai cori. Molto ben calibrati gli ospiti, dal senegalese Laye Be, a Daniele Sepe, allo stesso Michele Signore, che non appare come ospite, ma parte integrante del progetto musicale.
L’album inizia con una spettacolare Te vengo a cercà, nata dall’incontro tra Roberto Colella e Laye Be, riuscita contaminazione tra ritmi tipici dell’Africa e la napoletanità de La Maschera.
Tutte le tracce del disco scorrono su questo parallelismo tra le due culture, sofferenti ma al tempo stesso piene di speranza.
La partecipazione di Daniele Sepe è riservata a un dolce brano d’amore, con un delicato arrangiamento d’archi dello stesso Sepe, Senza fà rummore.
La splendida Serenata, scritta da Amerigo Ciervo per iMusicalia, è l’unico brano non scritto da membri del gruppo, e incanta come sempre con la sua tessitura settecentesca.
Un grande disco per un gruppo che sicuramente ci riserverà ulteriori sorprese per il futuro; un album da ascoltare e riascoltare, una musica frizzante, divertente, ballabile perfino, che accompagna testi di forte spessore sociale e poetico. Davvero il senso giusto del prendere la tradizione e reinterpretarla verso le nuove ere.
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