Non vi meravigli questa recensione di un libro scritto in catalano (una lingua peraltro che si dimostra molto comprensibile per noi italiani). Il fatto è che contiene almeno un capitolo su un argomento che appassiona chi scrive e che dovrebbe interessare i nostri lettori: “Riure amb el cos: folls, geperuts i bufons en l’espectacle català antic” (“Ridere con il corpo: folli, gobbi e buffoni nello spettacolo catalano antico”) e tratta dei giullari e buffoni che nei secoli immediatamente seguenti il Medioevo hanno agito sul suolo catalano.
I giullari, come i nostri lettori dovrebbero ormai sapere perché abbondantemente trattati su queste pagine, grazie anche ad alcuni lavori dell’autore di queste note, sono stati il tramite tra la cultura popolare dell’età classica e quella dell’epoca moderna. Senza di loro sarebbe irrimediabilmente andato perduto uno straordinario repertorio di teatro, canti, tradizioni, in una parola: di cultura in senso lato che la Chiesa medievale ha vivacemente combattuto, considerandolo un pericolo per la morale cristiana.
L’autore, che insegna filologia catalana all’Università di Tarragona ed è membro autorevole della Société pour l’Etude du Théâtre Médiéval, tratta l’argomento con assoluta maestria e ci offre un quadro a forti tinte di un mondo straordinario, potendo vantare una conoscenza approfondita della materia, frutto di lunghi anni di studi e di ricerche.
Egli prende le mosse dalla commedia atellana plautina per trattare il periodo festivo che va dal 13 al 31 dicembre. La trattazione passa attraverso l’analisi delle feste dei folli, tanto care all’immaginario medievale, e si snoda lungo una vasta documentazione (anche iconografica) assai interessante.
Fra i personaggi che si stagliano in questo affresco, vi sono Antoni Tallander, alias Mossèn Borra [ca. 1360-1446], uno dei primi bufons d’estat documentati in Europa, il cui corpo riposa in una tomba nella cattedrale di Barcellona. Un altro celebre buffone gobbo è il canonico Ester, soprannome ecclesiastico di un cortigiano della regina Germana de Foix [1488-1537], vedova di Ferdinando II il Cattolico. Di lui Lluís Milà i Eixarc nella sua opera El cortesano, dà una vivace descrizione dei giochi e delle facezie con le quali intratteneva piacevolmente la corte, ma anche degli scherzi e delle beffe che doveva sopportare per guadagnarsi il pane.
Leggendo questo libro si imparano molte cose e ci si diverte anche, cosa rara nell’epoca tormentata che stiamo vivendo.
Tito Saffioti
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