Proprio nel giorno del suo cinquantatreesimo compleanno, Ernesto De Pascale ci ha lasciato. Storditi e attoniti. Stupefatti e increduli. Eravamo ovviamente informati delle sue gravissime condizioni, ma ci siamo rifiutati fino all’ultimo di credere che la sua grande fibra potesse abbandonarlo e, soprattutto, che una persona così attiva e impegnata a vivere la vita tutta d’un fiato potesse permettere alla morte di avere il sopravvento. Scrittore, storico della musica, conduttore radiofonico, produttore discografico, musicista, giornalista, addetto stampa e promoter: forse si farebbe prima a dire ciò che Ernesto non era. Ho avuto l’onore di poterlo annoverare fra i collaboratori di FB-Folk Bulletin per anni, principalmente come inviato speciale –unico giornalista italiano accreditato- a The Green Man Festival, uno dei più importanti eventi musicali dell’estate britannica. Ed è proprio in questa veste che, nell’unico nostro breve e casuale incontro di qualche mese fa, lui mi ringraziò per lo spazio che annualmente gli accordavo, interrogandosi sui motivi che in qualche modo potessero giustificare l’italiana assenza di interesse per quella manifestazione. Entrambi concordammo che la risposta avrebbe potuto essere una sola: che la musica, nel nostro Paese, sta prendendo una brutta piega. Dovendo tristemente sintetizzare la sua figura, e proprio prendendo spunto da quella triste valutazione, voglio ricordare Ernesto come un combattente contro la stupidità, un baluardo contro la disinformazione, un punto fermo contro la resa a braghe calate della cultura musicale agli attacchi del consenso e delle scorciatoie.
Ciao Ernesto. Ci eravamo ripromessi di conoscerci meglio (e dio sa quanto avremmo avuto da dire insieme) ma non è stato possibile. Almeno su questa terra ingrata. Nulla toglie che sarà un vero piacere poterlo fare in altra sede, quando il momento sarà opportuno. Tanto, so dove sei. Prima o poi, arrivo.
Roberto G. Sacchi
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