di J.d.M.
Una sera come tante, o meglio una notte come tante, visto che nei pochi locali in cui ancora si suona folk, rock e dintorni i concerti finiscono sempre a ore improbabili, anche nei giorni feriali. Terminiamo il concerto e ci concediamo alle quattro chiacchiere con il pubblico, che è sempre uno dei momenti più divertenti dell’andare in giro a suonare. Le solite cose, direte voi: complimenti, baci e abbracci, strette di mano, quello che vuole sapere tutto sui violini, sugli organetti, sulle cornamuse, quello che dice che l’organetto era un po’ basso e in fondo alla sala non si sentiva molto, quello che ti chiede se il quarto pezzo in scaletta era quello contenuto anche nel secondo disco della quarta moglie di nonmiricordopiùchi…, quello che vuole toccare la Martin 00028 che ci portiamo dietro insieme a una Taylor auditorium, quello che anche lui a casa ha una Stratocaster però non la sa suonare, quello che il tuo organetto è proprio bello e via cazzeggiando.
In tutto questo comunque piacevole e defatigante contesto, la lama tagliente dell’inquietudine è però sempre in agguato, e il colpo ti viene inferto da un ragazzin, a occhio e croce poco più che ventenne, che se ne stava in disparte in attesa di trovare il coraggio di parlare. Alla fine, raccolte tutte le forze, esprime il suo pensiero:
Bravi. Bravissimi, davvero. Un bellissimo concerto… Ma adesso voi che siete arrivati, che avete raggiunto i vostri obiettivi, dovete aiutare noi giovani a trovare il nostro spazio. Anch’io suono, e vorrei essere come voi, ma voi mi dovete aiutare per creare anche per me e per la mia band le giuste opportunità.
Accusi il colpo, ma abbozzi un sorriso cortese, lo licenzi con una vigorosa stretta di mano e ti rituffi nella bolgia delle chiacchiere e delle birre postconcerto.
Ma nella quiete del furgone, durante il viaggio di ritorno, l’episodio ti si ripresenta davanti agli occhi e dentro le orecchie: e non puoi fare a meno di pensare. Subito il fresco ricordo di quella scena ti intenerisce un po’, e pensi a quando eri anche tu ventenne alla ricerca di qualcosa che ancora non sapevi bene. Ma poi subentra un po’ della scorza di più che giustificato cinismo che anni e anni di marciapiede ti hanno creato e ti interroghi: Ma a me, ai tempi, chi mi ha aiutato??? e la risposta, ovvia, Nessuno non tarda a farsi largo fra le poche possibili. A parte che anche adesso che siamo tutti sugli anta, e chiunque suoni qualcosa di decente in maniera appena accettabile lo sa benissimo, in Italia nessuno continua ad aiutarci, a partire da quell’entità che si chiama Stato e che le regole della democrazia dicono essere composto da noi stessi (e allora perché ne parliamo sempre in terza persona e non in prima plurale?)… Non ce l’abbiamo con i giovani, certamente, anche se sotto sotto invidiamo la loro (potenziale) condizione di vigore fisico e mentale, la loro possibilità di acquisire informazioni che a noi era negata dall’arretratezza tecnologica degli anni Settanta, la loro facoltà di farsi ancora delle illusioni che a noi ci è preclusa dall’esperienza… Anzi, ci farebbe piacere che qualche giovane venisse da noi e ci chiedesse Insegnateci qualcosa… e qualche volta, fortunatamente, questo accade. Ma indubbiamente maggiore è il numero di quelli che, come il ventenne dell’altra sera, ti inchiodano spalle al muro e ti invitano, con cortesia e buona educazione, a farti da parte per lasciare spazio a loro, che ne hanno tanto bisogno. Ricordiamo un film di parecchi anni fa, diretto e interpretato da Ugo Tognazzi, tratto da un romanzo di Umberto Simonetta: I viaggiatori della sera. In questo film, si narrava di una società futuribile nella quale, giunti al cinquantesimo compleanno, tutti avrebbero dovuto imbarcarsi su una nave da crociera (simbolicamente partente al tramonto), destinata a deportarli in un esotico villaggio vacanze dove li attendeva una lussuosa e confortevole dipartita. Sia chiaro: quando sarà ora, non faremo storie. Ma se su quella nave dovessimo salire, sarà soltanto per sostituire l’orchestra di bordo e suonare, suonare, suonare fino alla fine del mondo. Con i giovani o senza, scusate l’egoismo, non è problema che ci riguardi.
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