Quattordicesimo disco dei padovani Calicanto, il cui leader Roberto Tombesi abbiamo intervistato non molto tempo fa. Le domande vertevano in parte sui trent’anni del gruppo e in parte proprio su questa nuova produzione. Rimandiamo all’intervista (che trovate archiviata nella sezione ARGOMENTI/INTERVISTE) per il soddisfacimento di molte curiosità e limitiamoci a trasferire, o almeno a tentare di, le sensazioni che questo “Mosaico” ci ha provocato all’ascolto.
Innanzitutto, ci ha indotto a osservare che mai come in questo caso un titolo ci è parso appropriato: il senso di soddisfatta completezza che si prova dopo numerosi ascolti deriva dalla opportuna e meticolosa sistemazione di tante tessere multicolori, proprio come nella magia del mosaico. Delicati equilibri, che una singola tessera può mutare, trasformando la tradizione in contemporaneità, la malinconia in speranza, la maturità in giovinezza, il ballo in poesia… La memoria corre a ripassare tutta la produzione discografica di Calicanto e non stupisce che questo “Mosaico” ci causi rimescolii dell’anima che finora soltanto il capolavoro “LabirintoMare” ci ha provocato, almeno in anni recenti (in quelli più lontani emergono gli eterei mattoni e le oniriche realtà dello stupendo “Scano Boa”, impagabile disco ossimoro, ma quelli erano anni di vinile e di costruzione: oggi siamo tutti virtuali e tamponiamo crepe…). Si parte con una insistente e energetica “Grechesca”, si arriva a un “Porto Caleri” –prototipo del non-luogo a fare da cappello a una corale e paradigmatica ghost-track -, passando per tante diversità ispirate di differenti autori, tutto gelosamente protetto e unificato dall’ala di una tradizione più madre che matrigna, maggiore e minore che in tutti i modi si confondono, recuperando come denominatore comune la desiderata compagnia degli amici poeti adriatici, o almeno le loro atmosfere più care. Bello, suggestivo, rasserenante.
www.calicanto.it
www.felmay.it
Roberto G. Sacchi
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