MUSICHE FURLANE FUARTE MFF027, 2008 – PUNKFOLK/FRIULI V. G.
Nata nel 1994 con l’intento di svecchiare la scena folk della loro regione (Friuli-Venezia Giulia), la formazione il cui nome, se non andiamo errati, fa riferimento a una non meglio identificata erba acida, si è prima mossa su binari piuttosto consueti e giovanilisti, producendo dal vivo spettacoli originali e coinvolgenti (ce li ricordiamo con piacere anche a una passata edizione di Folkest). Confessiamo di averli persi di vista per qualche tempo e rincontrarli ora in questo mini Cd di nemmeno venti minuti ci ha molto incuriositi. Il primo ascolto ci ha scoperto attenti e divertiti, anche se i suoni ci hanno subito fatto capire che di folk, inteso pur nel senso più ampio come lo intendiamo noi, in Bek ce n’è veramente poco. Non bastano certo l’uso della lingua friulana e una fisarmonica per confezionare un disco con i giusti connotati per essere considerato folk… Ma il problema, che non è certo questo, è sorto quando al primo ascolto è seguito il secondo, e poi il terzo, e il quarto e via così. La proposta irruente e graffiante degli Arbe Garbe, proprio per il fatto di avere rinunciato ai punti fermi che suonare folk impone, si è come stemperata nell’ovvio e nel prevedibile: anche l’aggressività volutamente spiacevole e sgraziata dei testi, non regge l’oggettività dei riascolti, e quello che resta della loro carica eversiva rimane come in superficie, non affonda, non convince appieno. Peccato, perché i ragazzi hanno qualità: forse una produzione artistica più attenta avrebbe consentito loro di giocarsi in modo più convincente questa opportunità, lanciando un segnale forte di maturità –artistica ma non solo- della quale in Bek si hanno solo dei cenni, delle citazioni incompiute, dei frammenti. In una regione per certi versi affine al Friuli-V. G., come quella delle vallate occitane d’Italia, da anni vengono lanciati messaggi musicali ben più significativi e radicali, capaci di smuovere le masse e stimolare le menti, anche quelle più chiuse. Spesso la strada per diventare autentici trascinatori passa attraverso la capacità di ascoltare, accettando il confronto per migliorare. Non si diventa autentici local heroes senza l’umiltà di mettersi in discussione, senza la capacità di accettare i riferimenti obbligati attraverso i quali si può essere universalmente compresi. La troppa libertà, talvolta, aiuta solo a galleggiare in superficie.
Roberto G. Sacchi
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