Cosa possa passare per la testa, oggi, a un ragazzo di nemmeno diciassette anni è certamente un mistero, tipico dell’adolescenza. Se però non hai un cognome qualsiasi e tuo padre e tuo zio da trent’anni cantano e suonano in uno dei gruppi che hanno fatto grande il folk in Italia, possiamo avere qualche indizio in più e cercare di immaginare. Un ascoltatore/osservatore distratto e superficiale potrebbe pensare: “Bella forza! Basta riordinare le idee musicali che avrà attinto respirando l’aria di famiglia ed eccoti scodellato un Cd…”. Ma non è così. Certo, si sente che in Alessandro c’è un po’ di Calicanto, e non potrebbe essere diversamente, a partire dal titolo del disco, un omaggio al reale/irreale, a quello che mentre lo definisci già cambia di stato (le barene sono gli isolotti sabbiosi caratteristici della laguna veneta che adesso ci sono e dopo un attimo non ci sono più). Ma nella testa e nelle mani del giovanissimo artista c’è ben altro. C’è una già solida formazione classica (non soltanto musicale, e si sente), c’è la scelta di uno strumento principale (l’arpa) che non fa parte dell’organico del gruppo “di famiglia”, c’è la forte volontà tipicamente giovanile di seguire la propria vocazione e sviluppare un’identità personale, provare ad ambientarsi sotto lo striscione di partenza che coincide con quello di arrivo, bruciando le tappe stando ben attento a non scottarsi… Più che una quasi doverosa lunga citazione di omaggio a Calicanto (e già non ci sarebbe niente di male se lo fosse, date le premesse), “Barene” è un saggio di complementarità, di suoni e melodie, di ritmi e di armonie che in Calicanto non ci sono o sono stati solo accennati, come l’emozione provocata in noi vecchi rockettari dall’inusuale timbro del piano Fender Rhodes in “Routes and Rhodes” (delizioso esercizio compositivo dello stesso Alessandro), o le riletture ambiziose ma non banali di alcuni classici della tradizione triveneta.
Un disco di debutto che ci trasmette un sano e motivato ottimismo sul futuro del folk in Italia: diamo fiducia al giovane Tombesi, alle sue idee, alla sua voglia di lasciare il segno con maturità responsabile e giovanile irruenza. Oggi una barena sta definitivamente diventando un’isola, presto –ci auguriamo- sarà un arcipelago.
Con Alessandro Tombesi (voce, arpe, clarinetto, Fender Rhodes, flauti dolci e armonici, salterio, armonium) sono della partita i Calicanto Roberto Tombesi (organetto, liuto cantabile, banjo tenore, salterio), Giancarlo Tombesi (contrabbasso, basso fretless), Francesco Ganassin (clarinetto, ocarina), Gabriele Coltri (cornamusa, armonium), Alessandro Arcolin (batteria, percussioni), Claudia Ferronato (voce) e i quasi esordienti Elisabetta Borille (voce), Francesco Rocco (chitarre) e Franco Silvestrin (flauto traverso). Per l’acquisto: orders@felmay.it; info: www.calicanto.it
Roberto G. Sacchi
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