FOLKCLUB ETHNOSUONI ES 5378, 2009 – FOLK CONTEMPORANEO/NAPOLI
Contrariamente a quanto si può pensare, la musica ha regole molto precise e quasi ognuna di queste regole si traduce in un’emozione per chi ascolta. Così come la scala pentatonica è alla base del blues, così un tetracordo è la pietra angolare su cui si appoggia tutta la buona canzone napoletana, una scala minore arcaica e tipica che si rifà a stilemi orientali, conferendo un sapore particolare alle composizioni scritte secondo questa misura. È questo il tratto unificante teorico che lega le dodici tracce di questo stupendo disco scritto e interpretato da Enzo Avitabile, che gli è valso una tanto meritatissima quanto prestigiosa vittoria nella sezione delle Targhe Tenco 2009 riservata alle produzioni in dialetto. Ma oltre la teoria c’è ben altro: c’è la semplicità di versi che sgorgano direttamente dal cuore, c’è l’avvolgente accompagnamento musicale ridotto all’essenziale eppure magico, c’è il valore duraturo di un omaggio sofferto e per questo sincero a una città ferita e generosa, ostica e ospitale, fonte inesauribile di ispirazione poetica e invettiva accorata. L’asciuttezza dell’insieme, le rare e misurate concessioni timbriche al gusto corrente, l’invenzione/riscoperta di uno strumento come l’arpina napoletana accordata in minore (che dialoga con chitarra e sax in un amalgama di grande equilibrio) ma soprattutto la palese onestà intellettuale del progetto nel suo declinarsi attraverso la voce fortemente interpretata –com’è lontano, fortunatamente, il grottesco “bel canto”, falsa icona partenopea- dell’autore: in tutto questo, e in quello che le emozioni suscitate dall’ascolto sapranno suggerire a ognuno di noi, fanno di “Napoletana” un disco che si colloca fra i migliori del decennio e che giunge a coronamento di una prestigiosa carriera artistica e musicale che ha gettato le basi (anche attraverso i precedenti lavori con i Bottari e il grandissimo -e non completamente capito e valutato nella sua grandezza- “Sacro Sud”) di uno stile personale e di un modo innovativo di comporre la tradizione. Scrive Marino Niola, antropologo culturale e grande divulgatore, nell’introduzione dell’elegante ma suggestivo libretto: “L’antico lirismo napoletano, di cui la canzone non è che una traccia, si rivela in realtà come la materia prima di cui la città e fatta, come la voce più autentica e trasversale di un luogo dell’anima” e il sottotitolo del disco “Canti e musiche scritti nel cemento” chiude, drammaticamente, il cerchio del discorso.
Roberto G. Sacchi
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