TUTL, 2009 – FOLK CONTEMPORANEO/ITALIA
Le isole Faroe sono una “terra autonoma” di origine vulcanica posta sotto il governo e la giurisdizione danese. Come abbia fatto Benozzo a finire da quelle parti non chiedetelo a me. Sappiamo però che è in viaggio da anni, dalla natia Modena alle terre incognite, per non dire della lunga ricerca linguistica e le diverse pubblicazioni accademiche che gli permettono di frequentare seriamente le lande celtiche senza doversi travestire da druido, come capita
purtroppo a tanti connazionali, per scolpire immagini sonore quali Gondomar (Galizia), Moelyci (Galles), e il divertissement finale della ‘bonus track’ Taimse in arrears, attribuita a Uilliam Inglis, poeta di Limerick dell’Ottocento.
La sua discografia solista parte con la produzione gallese del brumoso In’tla Piola e il quarto capitolo di cui parliamo esce per la Tutl, etichetta delle lontane isole appena dette.
Ma è forse il più ‘italiano’ di tutti e racconta dei monti di casa (L’Appennino, in cui ritroviamo alla scrittura l’antico compagno nei Làmola Matteo Meschiari, ma anche Notte a Trignano, L’avvelenato di Riolunato e Pradarena), e del fratello di sempre, il tempo nebbioso e umido che è Mediòch.
Francesco è un artista maturo, arpeggia con sicurezza e non ha paura di confrontarsi vocalmente con Maddalena Scagnelli (degli Enerbia), sconfina dai territori più cari per parlare di emigrazione (La ruvina, La Merica) ed è quasi romantico in Romanelle, che innesta liriche del nord alla musica del sud Italia. Per una volta lascia le ombrose profondità cui ci aveva abituati per offrirci un ampio e solido lavoro che entra a pieno titolo nel catalogo del folk nostrano e internazionale, il cui unico difetto è piuttosto la ‘completezza’. Forse perché continuo a preferire l’indagine cosmica di Isola e Luna e Onirico geologico e l’incandescenza glaciale di Continente libero, che ancora una volta traccia la rotta del vecchio marinaio: “Mari da solcare, terre più a nord – verso un mattino anarchico – lontano dalle rive immemori – dei vostri agguati lividi”.
Gigi Marinoni
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