Il piacevole stupore di cinque anni fa, quando Gigi Maieron si fece conoscere fuori dal Friuli con “Si Vif”,prodotto da Massimo Bubola, oggi è un ricordo lontano. La sorpresa di allora oggi fa spazio alla certezza di essere difronte ad un artista completo ed a un disco, tra i più belli ascoltati quest’anno nel panorama nazionale. “Une Primavere” di Luigi Maieron è un disco utile, indispensabile per poter affrontare e continuare (a volte a fatica ) il viaggio dei viaggi che si chiama vita. Oggi abbiamo qualche elemento in più che ci può guidare, con tristezza ed allegria per le strade che abbiamo ancora da percorrere. Mi viene spontaneo un gesto,un inchino a tanta poesia tutta insieme e tutta di alto spessore emozionale,senza mai essere artefatta o passare per le strade della retorica, pulita semplice senza contaminazioni o masturbazioni intelletualoidi che hanno sempre solo fatto dei danni alla cultura popolare.Liberi di essere quello che si è, felici di far parte della propria storia e rispettosi delle proprie radici,ovviamente nel bene o nel male,nella buona o nella cattiva sorte. Il mite rigore morale e la gentilezza nel raccontare di Luigi trasformano le dieci canzoni in una sorta di romanzo popolare in musica, un poema epico dove anche il dolore e la sofferenza hanno un ruolo preciso, come la certezza di una ripartenza, di una nuova vita con dei nuovi frutti e dei nuovi fiori,la primavera appunto. Il tutto si svolge in terra di Carnia dove l’aria di frontiera modella e delimita confini che non sono solo geografici ma delimitano spesso paesaggi interiori, dove la sacralità di antichi riti pagani legati al ciclo della vita convivono con il più intimo e personale rapporto con lo spirito. Suonato e cantato in modo magistrale, questo disco è segnato dalla presenza di Michele Gazich ( anche produttore ) e dei suoi violini , che insieme a Giorgio Cordini alle chitarre e Ellade Bandini alle percussioni riescono a creare atmofere piacevoli all’ascolto. Il disco gira molto bene e nonostante le difficolta per i non friulani nel capire il dialetto,devo dire che le melodie di alcune ballate e la bella voce di Maieron fanno passare in second’ordine la non conoscenza della lingua Carnica, che si rivela un’altra volta molto musicale e in perfetta armonia con gli arrangiamenti. Un disco pieno di storie di donne, madri, mogli, figlie e anche zie, tutte quelle che sono state importanti nella vita dell’autore, ed è appunto con una di queste storie, “La neve di Anna” (cantata in italiano) che il lavoro di Luigi raggiunge per me il suo picco più alto. Sulle note di un valzer si racconta di una donna in cerca del suo uomo emigrato in Austria nei primi anni de 900…..non ho trovato aggettivi in commercio per descriverla, bisogna solo ascoltarla in silenzio e se non vi scende nemmeno una lacrima, preoccupatevi del vostro cuore. Apprezzo e rispetto il coraggio di Maieron, le sue liriche dolci e aspre come il vino della sua terra, la sua timida franchezza nel ricordarci che dopo ogni dolore, ogni dramma, ogni morte c’è sempre spazio per una nuova vita.
Fondamentale per passare l’inverno in buona compagnia.
Claudio M. Ravasi
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