Originariamente destinata alla nuova rubrica “L’Altro Suono”, questa recensione è stata poi ricompresa nell’ambito di quelle più legate al folk dopo che ancor più ripetuti ascolti ci hanno indirizzato in questo senso. Martin Lubenov, fisarmonicista di scuola bulgara e di ascolti onnivori, non è solo in possesso di una tecnica mostruosa ma anche di un gusto musicale davvero raro, non è nuovo alle scene italiane: nel corso del 2005 si è infatti esibito al festival “Sentieri Acustici” diretto da Riccardo Tesi, ma i più attenti lo avranno notato anche come ospite d’eccezione nella formazione greca Marios Hellas Kompania che ha tenuto alcuni concerti per Folkest. Cosa ci piace particolarmente di questo artista piuttosto giovane ma destinato a un futuro ancor più radioso di un presente già notevole? Al di là delle classificazioni commerciali che cercano di inquadrarlo nel novero della seconda generazione del jazz balcanico, di lui amiamo proprio il singolare equilibrio che dimostra di aver raggiunto nel contribuire con la sua profonda conoscenza dello stile tradizionale alla creazione di una musica nuova, una musica in cui le radici folk non sono utilizzate come semplice citazione di riferimento ma come substrato irrinunciabile a una creatività assoluta. In altre parole, il suo lavoro di ri/costruzione ha riferimenti di eccellenza come i migliori Vízőntő degli anni Ottanta (quelli di “Melyviz”, per intenderci) con in più il bagaglio culturale di un successivo ventennio di esperimenti condotti in Europa e altrove sull’interpretazione della musica tradizionale. Sarebbe ingiusto, per quanto la centralità di Lubenov all’interno della band sia indiscussa, dimenticare il contributo apportato dal sassofonista Vladimir Karparov, dal contrabbassista Nenad Vasilic, dal batterista Ventsislav Radev, dal pianista Assen Doykin (che si alterna con lo stesso Lubenov) e da Pejo Peev ospite in un brano con la sua gadulka. Una delle più belle sorprese degli ultimi anni, il segnale di un Est che riesce a incontrare l’occidente senza perdere nulla della propria originalità anzi arricchendosi di quei sapori che il vecchio mondo è ancora in grado di dispensare. Una bella confezione con libretto trilingue completa un prodotto di qualità assoluta.
Roberto G. Sacchi
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