Bolognesi di Calabria o Calabresi di Bologna, questi validi musicisti non meritano di essere confusi con altre proposte che da anni –piuttosto indistintamente- traggono ispirazione dai temi musicali del nostro sud. In scena dal 2004 e con all’attivo diverse esperienze qualificanti (non ultime le collaborazioni con Wim Wenders e altre attività legate al mondo del cinema o con altri gruppi come Il Parto delle Nuvole Pesanti) gli JureDu Rè convincono per una impostazione particolare che sanno imprimere al loro sound: la patchanka che propongono, ammesso che abbia un senso definirla tale, è molto più selettiva e meno confusa di altre; soprattutto, e lo notiamo finalmente con piacere, viene portato grande rispetto agli strumenti etnici, che nel mix finale assumono un ruolo ben preciso e determinato: in altre parole, e ci riferiamo soprattutto ai tamburi a cornice e alla chitarra battente, la loro presenza non è decorativa ma strutturale, e rende particolare merito all’orchestrazione capace di ritagliare per loro un ruolo giustamente protagonistico. Al contrario, ma ugualmente positiva in termini di risultato, è la presenza inconsueta e forse provocatoria di una sezione di fiati, talora di un pianoforte jazz, talaltre di una carica energetica che legge e scandaglia il senso del ballo e della festa, valore tradizionale ma permanente e perenne.
Una bella sorpresa, una scommessa che rischiamo di accettare a cuor leggero, un piacevole ascolto che ti lascia sempre il piacere della scoperta. Bravi davvero.
www.juredure.org
Roberto G. Sacchi
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