“Daring Raids”, ossia “Incursioni temerarie”, s’intitola questo album dei Greenwich, non recentissimo ma giuntoci nelle mani durante l’ultima edizione, purtroppo funestata dal maltempo, di IsolaFolk, dove il gruppo bresciano, attivo dal 1994, ha dovuto esibirsi in una situazione d’emergenza e in un set forzatamente ridotto. Il titolo è presto spiegato: il gruppo, al suo secondo lavoro, si avventura nella riproposizione di alcuni classici del folk americano (soprattutto degli anni ’60) e della musica tradizionale anglo-irlandese, senza dimenticare la cover di un brano degli U2: il che vuol dire confrontarsi con modelli come Bob Dylan, James Taylor, Joni Mitchell, i Pentangle o, appunto, gli U2.
Bisogna riconoscere che l’ambizioso tentativo, pur qualche piccola pecca, è sostanzialmente riuscito: molti brani non sfigurano al cospetto degli originali. Il CD si apre infatti con Blind Willie McTell di Dylan, out-take dall’album “Infidels” del 1983, dedicato al grande musicista country-blues, autore della famosissima Statesboro Blues, cavallo di battaglia dell’Allman Brothers Band: bell’atmosfera, una vocalità intensa, sorretta da un ottimo contrappunto chitarristico e dall’efficace tappeto sonoro delle tastiere, insomma una cover eccellente, decisamente superiore a quella dell’altro brano di Mr. Zimmermann, ovvero It ain’t me baby, a mio parere uno dei risultati meno convincenti dell’album, che avrebbe avuto bisogno di un trattamento più ruvido e aggressivo. La seconda traccia, No easy walk to freedom, tratta dal repertorio di Peter Paul & Mary, è il primo dei tre brani del trio folk più famoso degli anni ’60 che i Greenwich hanno inserito nel loro lavoro (gli altri due sono Early in the morning e l’inno antinucleare Power): evidentemente il gruppo li deve amare molto, anche perché sono fra le cover più riuscite, in particolare gli intrecci vocali sono all’altezza di quelli che resero giustamente famoso il trio. Il terzo brano è forse il più debole di tutto l’album: il celebre gospel Jesus met a woman è reso in modo abbastanza piatto e la voce femminile di Luisa Feroldi, perfettamente a suo agio nei brani folk come The trees they do grow high, non appare all’altezza della situazione, manca di quella “negritudine” che il pezzo avrebbe richiesto. Ma il CD riparte subito alla grande con quattro eccellenti cover, una in fila all’altra, Lord of the starfields di Bruce Cockburn, la già citata The trees they do grow high, le due ballate tradizionali The Lily of the west e Paddy’s lamentation. Altrettanto valide sono le interpretazioni che omaggiano due storiche cantautrici, anche se appartenenti a generazioni diverse: Unfinished life, un brano di Kate Wolf del 1981, e Carey di Joni Mitchell, scritta invece nel 1971, caratterizzate entrambe da un’ottima prestazione della cantante. Forse un po’ meno riuscite New hymn di James Taylor e He was my brother di Paul Simon, ma a chiudere degnamente l’album arriva un’intensa versione di MLK, il pezzo che gli U2 dedicarono a Martin Luther King nel loro indimenticabile “Unforgettable fire”.
Naturalmente non si tratta di un album epocale, che vuole proporre chissà quale novità, ma certamente è un lavoro piacevole, ben confezionato (contiene tutti i testi con traduzioni e brevi ma essenziali note per ogni canzone), suonato e cantato con grande passione e grande amore per un patrimonio musicale che non deve essere dimenticato.
PAOLO ZARA
NICOLA PASINETTI dice
PER CHI POSSA DESIDERARE CONTATTARE IL GRUPPO VISITATE IL SITO http://www.greenwichband.it O CERCANDO LA PAGINA FACEBOOK. GRAZIE A TUTTI. NICOLA