Ogni disco di Ricky Skaggs è garanzia di musica ben suonata, di atmosfere, suoni ed incisioni più che eccellenti; di canzoni che hanno fondamenta e cardini significativi. Originario del Kentucky nasce il 18 luglio 1954, la sua storia è comune a quella di altri musicisti country: nella sua famiglia la musica è di casa, papà e mamma si esibivano regolarmente nelle chiese e nelle feste popolari delle contrade attorno a casa, all’età di sei anni riceve in dono il suo primo mandolino con il quale finì per esibirsi ancora con i pantaloncini corti davanti a Lester Flatt & Earl Scruggs e a Bill Monroe (del quale si dichiara devoto discepolo). Poco più che sedicenne venne ingaggiato da Ralph Stanley nei suoi Clinch Mountain Boys, seguiranno poi le condivisioni con i Country Gentlemen, J.D. Crowe & New South e altre esperienze. Entrerà a nella Hot Band di Emmylou Harris e ciò gli farà arrivare la notorietà che lancerà una remunerata carriera solista sfornando dischi country di egregio livello; rammento con piacere un ottimo Live in London del 1985 che suona fresco ancor’oggi, ma degni di citazione sono anche i valevoli Highway & Heartaches, Don’t Cheat Our Hometoewn e Waitin’ For Sun To Shine; un altro album dell’epoca che vi consiglio e Skaggs & Rice (1980) in coppia con Tony Rice, un perfetto esempio di recupero del patrimonio musicale pre-grass della più genuina tradizione domestica del gospel e della ballata. Nel corso della sua carriera ha collaborato con un mare di gente (da Elvis Costello a Bruce Hornsby, da Guy Clark a Dolly Parton a Johnny Cash ecc.) e suonato in tanti di quei dischi che probabilmente ha perso anche lui il conto. Ha una sua band, i Kentucky Thunder, con cui ha dispensato dischi come il fenomenale Bluegrass Rules!, (un cd ricco di compattezza e ricchezza acustica come pochi altri), i lodevoli Ancient Tones, History Of Future, Brand New Strings e il bel Live From Charleston Music Hall. Da non scordare è anche The Three Pickers con Doc Watson e Earl Scruggs.
Lo scorso anno ha editato Mosaic, un album quieto, riflessivo e spirituale… dove viene favorita la ballata interiore, ma un po’ troppo moscio e autoindulgente per i miei gusti; Ricky Skaggs con questo nuovo lavoro ripiglia in mano le redini della dinamicità e dell’effervescenza grass, e lo fa con la consueta abilità; attorniato da strumentisti di classe superiore ci lancia sul piatto brani esemplari e stimolanti; prendete per esempio la splendida Honey (open That Door): ci trovate dentro apparenze swing e un boogiepiano su cui veleggiano tutti gli altri strumenti a corde; la vivacità briosa del violino di Cajun Moon, i romanticismi country di ballads come I Don’t Care e la gradevole Crying My Heart Out Over You, i dinamismi fluttuanti della corroborante He Was On To Something. Tutte canzoni eseguite con eleganza millimetrica, ma con padronanza degli strumenti e dello stile insuperabile.
Tra le altre songs vi segnaliamo Highway 40 Blues con bei solo di mandolino,banjo e guitar; una Uncle Pean che è un piccolo fuoco d’artificio grass style; l’appassionante Lovin’ Oney Me vale da sola il disco: è uno di quei pezzi da smanettare a tutto volume, capace di eccitare ed infervorare, con assoli & breaks e un “tiro” inebriante da togliere il fiato.
Country Boy la conosciamo tutti, da Albert Lee in poi l’hanno fatta in mille, spettacolare versione bruciante, con accordi fulminei da venti dita per mano mentre la frizzante Don’t Get Above Your Raising (Lester Flatt / Earl Scruggs) è un luminoso omaggio ai precursori del bluegrass, cover brillante con una rivisitazione elettrizzante e piena di vita.
Claudio Giuliani
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