Fra i più longevi gruppi del folk italiano, gli alessandrini Tre Martelli inanellano la loro settima produzione discografica, nata con un preciso scopo: ricostruire, nel momento del passaggio fra due secoli, quanto avvenuto esattamente cento anni prima in Piemonte, in un periodo in cui forte era ancora lo scambio fra cultura popolare e cultura delle classi colte. In questo disco vengono raccolti quindi canti e brani per danza che o risalgono a quell’epoca e ne recano ancora intatti gli umori e gli stimoli oppure sono di recente composizione ma ai precedenti si rifanno con dichiarato intento più rivitalizzante che sterilmente imitativo. L’attuale formazione del gruppo che allinea Lorenzo Boioli ai fiati popolari, rinascimentali e barocchi; Renzo Ceroni a basso e chitarra; Enzo Conti all’organetto; Rinaldo Doro a ghironda, organetto, cornamusa; “Ciacio” Marchelli al canto; Andrea Sibilio al violino, viola e mandolino, risulta molto equilibrata nelle parti e opportunamente rinforzata in molte tracce dalle percussioni di Guido Antoniotti. Altri ospiti rendono ancora più ricco il patrimonio timbrico del disco: Carlo Aonzo al mandolino e Gianni Coscia alla fisarmonica cromatica sono protagonisti di gustosi cameo, come pure Pino Laruccia al clarinetto, Claudio Rolandi alla fisarmonica a piano e Aldo Carpanelli al piano synth. Una line-up di tutto rispetto, quindi, alle prese con gli arrangiamenti di Andrea Sibilio che consideriamo, da tempo, ottimo musicista e valente inventore di parti. Ci sono tutte le premesse, quindi, per un disco destinato a significare un cambio di indirizzo nel percorso artistico del gruppo alessandrino, una produzione più meditata e interiorizzata, che cerca di lasciarsi alle spalle qualche piccolo eccesso di “festosità” e di simpatica improvvisazione che ha sempre contraddistinto i lavori dei “Martelli”. Possiamo dire che, se questo era il progetto, l’operazione è riuscita e il disco si lascia apprezzare, centrando appieno l’obiettivo. Rovescio della medaglia, non in grado comunque di intaccare il giudizio complessivamente positivo sul lavoro, una certa perdita di spontaneità e un’impostazione un po’ troppo seriosa di fronte alla quale, qua e là, soprattutto l’irruenza canora del buon “Ciacio” pare trovarsi a disagio. Non certo ne “Er car di Traslòc”, del poeta alessandrino Giovanni Rapetti con musica di Andrea Sibilio (che è il nostro brano preferito insieme alle tre monferrine iniziali di Rinaldo Doro) ma assai in una inusitata versione quasi lirica del “Galantòne”.
Roberto G. Sacchi
Tre Martelli – “Car Der Steili” (CD)
Felmay – FY 8023-2, 2000
Lascia un commento