CAT HEAD CH 1004, 2007 – BLUES/USA
A breve distanza dal bellissimo “Round Two”, recensito solo qualche numero fa, ritorna il grande Big George Brock con un convincente disco dal vivo registrato al mitico “Ground Zero” di Clarksdale, Mississippi. E in questo nuovo lavoro il bluesman di St. Louis ritorna ancor più, se possibile, al “moderno” Mississippi sound, a quel blues genuino e senza compromessi in cui la forza espressiva dei musicisti prevale sulle modalità tecniche ed esecutive. Il disco è un diamante grezzo in puro stile Fat Possum che piacerà sicuramente agli appassionati di blues più esigenti o, meglio, a tutti coloro che sono alla strenua ricerca dell’autentico ma ormai quasi scomparso ruvido sound che contraddistingueva le prime incisioni Muddy Waters ed Howlin’ Wolf. Difficile scegliere i brani migliori perché il disco va davvero gustato nella sua globalità. Il cd si apre con una toccante presentazione di “Mr. King Biscuit Time himself”, ovvero del leggendario dj Sonny Payne che ancora oggi tiene la più anziana trasmissione blues degli States, un programma in cui hanno esordito Sonny Boy Williamson e Robert Junior Lockwood e che ha influenzato grandi come B.B. King, Muddy Waters e John Lee Hooker. La band formata da Big George alla voce e all’armonica, da Riley Coatie Sr. e Riley Caotie Jr. rispettivamente alla chitarra e alla batteria, da Bill Abel all’altra chitarra e da Barry Bays al basso esordisce con “Cut you loose” vibrante tributo al grande “Lupo Ululante”. Il disco prosegue con un bel brano per sole armonica e batteria per proseguire con “44 blues” altro tributo al leggendario Howlin Wolf. Una slide alla Muddy Waters introduce l’autografa “All night long” mentre il brano successivo “Everything’s gonna be alright” è un sentito ossequio al genio di Little Walter. La traccia sette è un ottimo boogie alla Slim Harpo mentre il brano seguente “Short dress” si muove, a volte in maniera un po’ confusa, sulle cadenze di “You don’t love me”. “Bring the blues back home”, scritto da Brock, è uno slow blues primordiale che rimanda anche testualmente al grande Muddy mentre la song numero dieci è uno shuffolone in cui Big George omaggia un altro grande maestro dell’armonica: Sonny Boy Williamson II. La chiusura è affidata a “Jody” un ottimo brano in odore di “rock-blues anni settanta”. Il buon vecchio Brock ce la mette davvero tutta in questo disco inciso il giorno del suo settantacinquesimo compleanno dopo una vita passata tra campi di cotone, locali notturni e il ring del pugilato: unico neo la sensazione che di tanto in tanto il cantante e armonicista sia un po’, per usare un’espressione appartenente al mondo della boxe, “pressato agli angoli” dalle urgenze musicali della band, in special modo da quelle del batterista, a volte, forse per via della giovane età, davvero invadente. Quando però Big George riesce a staccarsi dalla loro irruenza, viene fuori davvero il sound di un grande campione blues: un musicista che stende il suo amato pubblico con un destro davvero formidabile!
Fabrizio Poggi
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