Trenincorsa, primi classificati nella selezione territoriale “Italia Settentrionale” di Saronno (tenutasi il 10 febbraio scorso nella cittadina lombarda), suoneranno nel corso di Folkest in Festa, la grande kermesse che come ogni anno chiuderà l’edizione 2012 di Folkest. In attesa di poterli ascoltare dal vivo, una breve intervista al loro portavoce Matteo per conoscerli meglio.
Come molti gruppi di combat-folk e dintorni, avete scelto un nome che ha bisogno di una presentazione. Ce la volete fornire?
In realtà l’idea del nome nasce dopo una serata passata a cercare concetti, parole che potessero far scoccare la scintilla…ma niente da fare…poi dopo qualche ora, a freddo, mi salta in testa questo nome, che col tempo devo dire ha preso molto significato per noi. Infatti da due-tre persone che eravamo, sui “Treni” sono saliti e scesi altri componenti fino ad arrivare alla formazione odierna, ormai stabile da tre anni abbondanti.
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi conosce…
Siamo “effettivi” da 10 anni, siamo partiti in 2 (Matteo e Giovanni) per diventare quasi subito 4 fino all’esordio discografico nel dicembre 2004, in 5 nell’album del 2005 e dal 2007 diventare la formazione di 6 elementi che abbiamo tuttora. Devo dire che proprio da quell’anno con l’ingresso di Ilario e Claudio abbiamo acquisito, grazie all’unione dei diversi percorsi di ognuno(chi dal rock, chi addirittura dal metal, dalla musica etnica o chi, come me, appartenente al mondo cantautorale e folk italiano) una nostra vera identità. Ma i cambiamenti non si fermano mai e nel prossimo disco, in uscita a maggio…lo sentirete…
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, come si articola la vostra scaletta sul palco…
L’aspetto live è il punto di forza, dove cerchiamo di dare una marcia in più alle canzoni rispetto all’ascolto su cd…curiamo molto gli abiti, lasciando abbastanza spazio all’improvvisazione sia nei movimenti sia nelle presentazioni delle canzoni. Questo perché il rapporto col pubblico diventi di estrema confidenza e non di “altezzoso distacco”…eh! Nel concerto la fanno da padrone le canzoni da “salto” o di movimento, ma c’è uno spazio anche per le ballads, i nostri lenti, le canzoni insomma che fanno abbracciare e, a volte, commuovere.
Il vostro concerto è intriso di ironia e autoironia, ma nel vostro fare musica siete decisamente seri e professionali. Come vivete questa contraddizione, se contraddizione è?
Proprio per il discorso di confidenza col pubblico a cui accennavo prima è simpatico e importante prendersi un po’ in giro e così facendo tra l’altro riesco a coinvolgere tutto il gruppo, anche chi, non avendo il microfono, deve “parlare” solo con il suo strumento. Ma la serietà che ci impone l’interpretazione di alcune canzoni fa nascere piuttosto naturalmente questa attitudine. Penso che aver assistito innumerevoli volte ai concerti del maestro Guccini abbia influito su di me in questo senso…l’avete mai visto quando si lancia in monologhi quasi da cabaret e poi, come per magia, ti gonfia il cuore cantando Auschwitz?…eh, la classe…
Nel vostro curriculum, discografico e dal vivo, alcune collaborazioni e incontri prestigiosi. Raccontateci queste esperienze…
La prima illustre collaborazione fu con lo “zio” Nanni Svampa, che io già conoscevo grazie ai miei trascorsi teatrali, poi, col tempo, musicisti di calibro come Gualdi e Cesareo sono diventati nostri amici e si sono resi disponibili più volte a collaborare con noi. In “Verso casa”(2010) abbiamo avuto degli incontri davvero spettacolari, tutti comunque(come è giusto che sia) hanno dato il loro assenso alla collaborazione solo dopo aver accuratamente ascoltato il pezzo da noi propostogli, quindi possiamo dire che l’OK a partecipare l’abbiamo ottenuto con merito! E questo è successo con Tonino Carotone(un vero artista pazzo),con Erriquez della Bandabardò (interpretazione fenomenale) e Davide Van de Sfroos(professionista, amico e grande cultore di ogni tipo di musica). Questi ultimi due, tra l’altro sono da sempre stati dei punti di riferimento per noi, che infatti, quando ci chiedono “che tipo di musica fate?” Amiamo rispondere che ci poniamo a metà strada tra Bandabardò e De Sfroos…tanto per farci capire insomma e per levarci un po’ la comodità di standardizzarci in un combat folk che non è esattamente il nostro genere…o, perlomeno, non del tutto.
Che effetto vi ha fatto partecipare a un concorso in cui sareste stati giudicati da una giuria e non dal pubblico? Un esito negativo non avrebbe potuto avere esiti deprimenti per il vostro ensemble?
Abbiamo già partecipato a concorsi con una giuria(fortunatamente con esiti sempre abbastanza positivi) e credo che molto dipenda dall’esibizione di quella singola sera, devi essere in forma e trasmettere al meglio la tua musica, il tuo messaggio, perché alcuni non hanno mai ascoltato quel che fai, neanche su un cd e devi ARRIVARE, solo lì, in quel preciso istante. Ma questo vale anche per tutti i concerti in generale, e noi, per fortuna, ne abbiamo parecchi.
Voi operate soprattutto in Lombardia, regione invidiata da molti musicisti non lombardi per le opportunità che offre. In realtà, com’è la situazione della musica dal vivo in questa regione? E quella delle produzioni discografiche?
Noi operiamo in Lombardia, è vero, ma anche molto in Svizzera e non disdegniamo puntate in Emilia, Toscana e altre zone italiane. Locali live se ne trovano, ma trovano sempre più spazio le cover band o, addirittura, le Tribute band, che per carità, hanno tutto il diritto di esistere, ma la creatività finisce per risentirne… Per ciò che riguarda la discografia, beh, noi non possiamo lamentarci, stiamo firmando con una nuova etichetta che ci sta già concedendo grandi opportunità, ma la crisi c’è ed è generale, riguarda sia le grandi major che le etichette indipendenti. C’è poca disponibilità ad investire anche laddove il talento esiste, ma arriveranno tempi migliori…ne siamo certi!
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