Irish & More, secondi classificati nella selezione territoriale “Italia Nord Est 1” di Spilimbergo (tenutasi il 14 marzo scorso), suoneranno in luogo e data da stabilire durante la fase itinerante (decentramento) di Folkest 2012. In attesa di poterli ascoltare dal vivo, una breve intervista per conoscerli meglio.
Il nome che avete scelto come gruppo tradisce il vostro orientamento musicale che punta dritto verso la grande epopea della musica dei Paesi Celtici. E così o c’è qualcos’altro da dire?
Cédric: – È proprio così, ma è più ancora… Penso che in primo luogo il nome riassume in poche parole la nostra base, che ha origine in Irlanda ovviamente, ma anche in Scozia, in Bretagna… Abbiamo anche consolidato la nostra scaletta con alcune novità: la seconda parte del nome “&More” si riferisce alla nostra volontà di percorrere con il pubblico diversi orizzonti musicali ma anche di proporre composizioni nostre.
Roby: – E poi suona bene, no? Irish&More… Ricorda quasi una nota isola al largo di Galway. Suona come un invito ad un viaggio. Ecco una prima parola chiave del nostro repertorio: un viaggio attraverso la musica folk con l’influenza celtica come filo conduttore.
Guido: – Ma in questo caso la benzina costa meno!
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi conosce…
Guido:- Con la formula del trio attuale – Cédric al violino, Roby alla chitarra e io al bodhran– siamo alla fine dei conti molto giovani come gruppo. Anche se Cédric e Roby hanno suonato insieme in altre realtà musicali dal 2006, ci siamo trovati per la prima volta in tre in un bar a Trieste per San Patrizio, un po’ per caso, un po’ per colpa della birra. Nel 2010 se ricordo bene… non sono sicuro: troppe birre.
Roby: – Sì, era nel 2010. Ma stranamente, o meglio fortunatamente, ha subito funzionato. Sarà perché condividiamo la stessa cultura musicale, o perché gli strumenti si completano naturalmente, non lo so. Ma abbiamo voluto riprovarci, anche perché con Cédric alcune idee di melodie e arrangiamenti già le avevamo…
Cédric: – Infatti. Il mio modo di suonare il violino è molto influenzato da miei tempi trascorsi a Dublino e dalla scuola folk francese con i Bal-Folk e Fest-Noz; e cerco di portare melodie poco conosciute in Italia. Il contrappunto di Roby è fantastico: è molto creativo nell’arrangiamento. Ma oltre ai colpi d’archetto del violino e all’accompagnamento della chitarra, serviva altro per completare i timbri delle corde. Il bodhran e i low whistles (low e high) di Guido hanno dato una nuova dimensione al nostro progetto. Ritmi, corpo, dinamiche, grinta. Il suono Irish&More.
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, i musicisti e il repertorio…
Guido: – Lo spettacolo, come anticipato prima, segue un percorso attraverso la musica celtica: il calore dei pub di Dublino, l’atmosfera delle Highlands scozzesi, il vento delle Isole Shetland, le leggende della Bretagna, il Quebec con i suoi colori, i balli dell’Auvergne…
Roby: – A proposito di balli, abbiamo in scaletta anche una resiana che suoniamo ogni tanto! Cerchiamo molto semplicemente di suonare musica che ci piace e di condividere la nostra passione con il pubblico. Il repertorio si appoggia su balli e tradizioni celtiche ma abbiamo voluto sottoporci alla dura prova del pubblico anche con composizioni nostre. Finora i riscontri sono molto positivi…
A proposito, quanta tradizione c’è in quello che suonate e quanta composizione?
Cédric: – A grandi linee, la parte tradizionale rappresenta una metà del nostro repertorio. L’altra metà si articola sulla composizione. Arrangiare e interpretare un brano tradizionale è una cosa, suonare una composizione propria e cercare di trasmettere un’emozione, un’impressione, o semplicemente un invito al ballo, è in certo modo mettersi nudi davanti al pubblico, soprattutto con una composizione musicale senza testo.
Che senso ha, dopo quarant’anni di revival, suonare “celtico” in Italia? Come si è evoluta, se si è evoluta, la “scuola italiana” in questo senso?
Roby: – Musicalmente siamo cresciuti ascoltando Planxty, Bothy Band, Silly Wizard, o ancora Whisky Trail in Italia. Nomino anche Malicorne e Alan Stivell per fare piacere a Cédric. Ma da anni arriva una nuova generazione di artisti e gruppi, soprattutto dall’Irlanda: Kila, Grada, Flook…
Cédric: – O ancora i francesi Djal, Ar Re Yaouank. Anche i canadesi MacDades, o gli americani Joy Kills Sorrow …
Roby: – Sono tutti molto innovativi nel comporre nuovi brani che seguono la linea direttrice dei brani tradizionali, ma che sono molto moderni allo stesso tempo.
Guido: – Per quanto ci riguarda, senza voler emulare questi mostri sacri della musica celtica, siamo sempre sorpresi dall’entusiasmo della gente quando proponiamo la nostra musica, le nostre melodie. Alla fine, questo genere è molto accessibile, perché viene dalla gente e colpisce ancora la gente. Ogni brano è un ritratto di un piccolo momento della vita di ogni giorno. Ed è semplicemente bella come musica.
Partecipare a un concorso come “Suonare@Folkest”, cioè essere giudicati da una giuria per quanto qualificata e non dal pubblico, che emozioni vi ha creato?
Cédric: – La cosa che conta per noi alla fine è divertirsi con la musica e coinvolgere il pubblico, ma lo stress c’è sempre all’inizio di un concerto. Ma è uno stress positivo: ogni volta è diverso, e questo rende tutto molto più interessante. Essere giudicati da una giuria è stata una nuova emozione…
Roby: – Un pizzico di paura l’abbiamo avuta tutti per quell’occasione. Ma adesso ne sorridiamo.
Voi operate in Friuli-Venezia Giulia. Com’è la situazione della musica dal vivo nel vostro territorio d’azione? E quella delle produzioni discografiche?
Cédric: – Come ben noto, la situazione non è delle più facili, in particolare da un paio d’anni. Oltre che suonare nei locali, le occasioni per presentare uno spettacolo di qualità sono sempre più rare. Ecco perché apprezziamo doppiamente l’opportunità di suonare nell’ambito del festival Folkest. Per quel che riguarda produzioni discografiche, siamo in piena rivoluzione con internet. Ancora, non abbiamo un supporto audio da proporre, ma ci stiamo pensando seriamente. Con l’obiettivo molto semplice di incidere la nostra musica, le nostre composizioni, per poter condividerle con tutti.
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