Babemalà, secondo classificato nella selezione territoriale “Italia Nord Ovest” di Loano (tenutasi il 31 marzo scorso), suonerà nel corso di Folkest 2012 in luogo e data ancora da definire. In attesa di poterli ascoltare dal vivo, una breve intervista per conoscerli meglio.
Prima domanda d’obbligo: perché questo nome? Una formula magica, un buffo soprannome per folletti, il balbettio di un bambino o altro ancora?
Il nome del gruppo, nel nostro caso, non é stato frutto di intense pensate e diretta conseguenza dell’idea del progetto che si aveva in mente di portare avanti, ma più una risposta abbastanza affrettata all’esigenza di un momento. Dopo diversi mesi di prove nella tavernetta dell’allora fisarmonicista, ci è stato chiesto di esibirci dal vivo e alla domanda “Come vi chiamate ?che così lo mettiamo sui volantini” ci siamo ritrovati a dover pensare in fretta e furia ad un nome. Il come però siamo arrivati alla formulazione di Babemalà, beh, questo è un nostro piccolo segreto. In ogni caso, il tentativo postumo di dare un significato al nome, cercando riferimenti letterari, dialettali, folkloristici, si è rilevato inutile. Però ci siamo affezionati…..
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli
componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi
conosce…
Il gruppo nasce nel 1998 sulla spinta di 2 amici che, concluse le precedenti esperienze musicali, volevano provare a continuare e sviluppare la propria passione per la musica folk. Inizia così la ricerca di persone che condividessero un’analoga passione e nel giro di poco tempo si è strutturato il gruppo che, salvo un’unica eccezione, è ancora lo stesso da allora. Situazione assai particolare nella musica folk amatoriale. Questa particolarità ha permesso di sviluppare quello che è forse è il nostro punto di forza: un particolare e, speriamo, gradevole “suono di gruppo”. Siamo certi che, presi singolarmente, ognuno di noi non sia un mostro di tecnica sul proprio strumento e che il panorama folk sia pieno di strumentisti più capaci di noi, ma il fatto di continuare a trovarci settimanalmente per provare insieme anche senza aver in previsione eventi e il rapporto di amicizia consolidato in questi anni, che via via ha coinvolto anche le nostre famiglie, fa si che l’insieme che si riesce a creare vada al di la della somma delle nostre singole capacità. Il gruppo è così composto: Laura Sartore alla voce, Giovanna Garzena al flauto, Ivan Ravalli all’organetto, Paolo Ferro alla ghironda, percussioni, chitarra e quasi tutto ciò che è suonabile, Mauro Sarcinella alla chitarra. Un’altra caratteristica che ha contraddistinto negli anni la nostra idea di fare musica è stata quella di ricercare la collaborazione con altri musicisti del panorama folk. Ci piace lo scambio con gli altri, il pensare e realizzare momenti in cui questo possa avvenire. Ciò ci ha portato a realizzare spettacoli e dischi con gli amici che abbiamo incontrato lungo la strada, primo fra tutti e motivo di nostro orgoglio con Alberto Cesa del “Cantovivo” che, purtroppo, ci manca veramente tanto. Un’ultima annotazione. Nel nostro percorso musicale abbiamo provato a condensare queste nostre caratteristiche anche con la realizzazione di 2 cd autoprodotti: “Vietato dondolarsi” e “Comemilio”
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, i musicisti e il repertorio…
Sospesi fra musica per ballare e dimensione d’ascolto, collocarvi come genere è piuttosto difficoltoso. Quali sentite essere i vostri legami con il folk e con la musica acustica in generale?
Lo spettacolo che proponiamo dal vivo è da sempre una mediazione fra i nostri gusti musicali e le “esigenze danzerecce” di un pubblico di affezionati. Con il tempo siamo riusciti a trovare il giusto equilibrio fra una parte del concerto più , diciamo, d’ascolto con quella più orientata alle danze popolari internazionali. La prima parte è anche quella in cui ci sperimentiamo di più negli arrangiamenti e nelle contaminazioni, ma anche nella seconda non siamo per una riproposta filologica dei brani, anche perchè siamo certi che ci siano gruppi e musicisti molto più bravi di noi nel farlo. Una caratteristica del nostro gruppo, sin dall’inizio, è stata quella di dare spazio ai brani cantati anche per l’aspetto più orientato alla danza. Il repertorio spazia in tutte le direzioni della musica folk di diversi paesi con il denominatore comune di eseguire ciò che ci piace rispettando i gusti musicali dei componenti del gruppo. La regola è “Ci si prova”, con la massima disponibilità ad accettare o a desistere nel caso la realizzazione del brano non soddisfi qualcuno. Per cui il nostro repertorio spazia dall’Irlanda allo Yemen, dalle Asturie al Salento, dal Piemonte ad Israele, da brani tradizionali a brani di composizione, alcuni anche nostri, ed ad alcune puntate nella musica classica, il tutto eseguito “alla nostra maniera”.
Partecipare a un concorso come “Suonare@Folkest”, cioè essere giudicati da una giuria per quanto
qualificata e non dal pubblico, che emozioni vi ha creato?
Ovviamente non siamo abituati ad una simile situazione. Essendo sostanzialmente il nostro un divertimento, che cerchiamo di fare nel miglior modo possibile, ma pur sempre un divertimento, non ci siamo mai posti il problema di essere sottoposti a giudizio. La regola come si diceva è quella di proporre ciò che ci piace sperando che incontri il gusto di chi ci ascolta e la dimensione del giudizio della critica non aveva mai attraversato la nostra strada. Anche le recensioni, sia ad alcune esibizioni che ai nostri cd, sono stati conseguenze di incontri fortuiti e non un consapevole sottoporre il nostro lavoro a giudizi di persone qualificate. Quindi non neghiamo che nella circostanza del concorso abbiamo patito un po’ la tensione relativa all’esibizione non riuscendo ad essere “fluidi” come in altre circostanze, ma alla fine la dimensione ludica è ancora prevalsa e l’esperienza è stata bella.
Voi operate al Nord Ovest d’Italia. Com’è la situazione della musica dal vivo nel vostro territorio
d’azione? E quella delle produzioni discografiche
Dobbiamo ammettere che negli ultimi anni ci siamo un po’ assentati dal panorama musicale e perso un po’ il polso della situazione. Alcuni membri del gruppo hanno deciso, pressoché in contemporanea, di raggiungere, dal punto di vista della prole, gli altri che già si erano portati avanti in questo argomento. La cosa ha imposto un certo rallentamento alle questioni musicali rivolte verso l’esterno e, pur continuando a ritrovarci (anzi aumentando decisamente gli incontri per condividere anche la nuova situazione personale) abbiamo vissuto un po’ ai margini quello che si sviluppava nel panorama folk delle nostre parti. Solo ultimamente stiamo riaffacciandoci un po’ verso l’esterno, ma non abbiamo elementi per poter dare una nostra lettura della situazione della musica dal vivo e della produzione discografica. Certo, ci pare che la crisi tanto sbandierata ed citata non abbia lasciato in pace chi si occupa di musica folk, ma d’altra parte c’era chi sosteneva che “La cultura non da pane”………C’è da stupirsi allora?
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