Decalamus, vincitori della prima edizione del Premio Alberto Cesa 2012 con la canzone “Glie Bregante” suoneranno nel corso di Folkest in Festa, la grande kermesse che come ogni anno chiuderà l’edizione 2012 di Folkest. In attesa di poterli ascoltare dal vivo, una breve intervista per conoscerli meglio.
Il vostro è un nome particolare, che suona d’antico. C’è un messaggio dietro la scelta di chiamarvi così?
Non siamo nostalgici, ma non vogliamo neppure rinunciare alle nostre radici. E’ una lingua antica, certo. Eppure credo che serva ancora a raccontare storie. Storie del passato, di adesso e di domani. Calamus è latino. Significa Calamo cioè il bordone sonoro usato nei strumenti antichi cari ai latini, ai sanniti e agli ernici, popolazioni da cui noi proveniamo. Nel suono di questo strumento c’è ancora l’orgoglio del nostro passato.
Da quando siete attivi come gruppo e come vi siete formati? Quanto i percorsi individuali dei singoli componenti hanno influito sulla creazione di un suono d’insieme? Presentatevi a chi ancora non vi conosce…
Ormai sono parecchi anni. La nostra storia, insieme, è la storia di ognuno di noi. E’ l’incontro di tante visioni ed esperienze musicali (musica classica, jazz, arabo mediterranea, tradizionale laziale, musica leggera) che si incrociano e si armonizzano.
Presentate il vostro spettacolo, gli strumenti e il loro ruolo, i musicisti e il repertorio…
I “DeCalamus” che significa i dieci di Calamus (nome dell’associazione) è un gruppo di musica popolare attivo da numerosi anni nella ricerca e la rieelaborazione delle tradizioni popolari della Valle di Comino; una delle aree italiane più rinomate per quanto riguarda la musica delle zampogne, dell’organetto e per la presenza di suonatori itineranti. Per questa ragione, all’interno del gruppo, è presente un ampio campionario di strumenti musicali, popolari e non – zampogna, ciaramella, organetto, ocarina, chitarra battente, fisarmonica, flauti pastorali, tamburelli , flauto, contrabasso- che caratterizzano tutto il repertorio proposto accompagnando le tre voci presenti nella formazione. Novene, pastorali, balli campestri, serenate e danze arcaiche per un affascinante viaggio nel cuore degli Appennini del “Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise”, alla scoperta di un patrimonio di racconti e suoni che, paradossalmente, risultano più innovativi e caratterizzati di ciò che offre il mercato musicale contemporaneo.
Quanta tradizione c’è in quello che suonate e quanta composizione?
Lo spunto principale dei nostri brani è senza dubbio il vasto repertorio musicale che la valle di Comino offre, ma la composizione è dominante. Spesso, infatti, partiamo da uno o due accordi o da una semplice frase per poi sviluppare il tutto. Basta darci il “la”!
Com’è nata “Glie Bregante”, la canzone che vi ha fatto vincere il Premio Alberto Cesa?
Ci siamo lasciati affascinare dalla figura del Brigante Cucuzza, che intorno al 1600 si nascondeva nelle campagne di Gallinaro. L’impronta rivoluzionaria che caratterizzò le sue gesta, fece di lui quasi un Robin Hood. Un suo discendente, professore di lettere, qualche anno fa scrisse una poesia per ricordarlo. E’ da qui che siamo partiti.
Voi non rappresentate una minoranza etnica ben precisa quanto piuttosto un’area geografica ben individuata, la Val di Comino. Questo legame preferenziale con il territorio è sempre uno stimolo o qualche volta rappresenta un vincolo troppo forte?
Il nostro gruppo si può paragonare ad un albero che ha le radici saldamente ancorate alla propria terra ma ha i rami proiettati verso il futuro. Tradizione, composizione e sperimentazione sonora si mescolano in una sintesi mai banale. Noncuranti delle tendenze del momento, cerchiamo solo di far conoscere,tramite la nostra musica, un posto capace di incantare anche scettici e disillusi: la Valle di Comino, nel cuore della Ciociaria.
Partecipare a un concorso come “Suonare@Folkest”, cioè essere giudicati da una giuria per quanto qualificata e non dal pubblico, quali particolari emozioni vi ha creato?
Non posso nascondere di aver provato una notevole soddisfazione, considerando che il mio gruppo ha scelto di seguire una propria strada musicale e che da sempre vuole proporre un proprio stile. Sono tante le difficoltà che incontriamo sulla nostra strada, soprattutto dal punto di vista commerciale. Ma va bene così… !
Voi operate a cavallo fra Lazio, Abruzzo, Molise e Campania. Com’è la situazione della musica dal vivo nel vostro territorio d’azione? E quella delle produzioni discografiche?
Ci sono pochi gruppi che suonano dal vivo, e la loro sopravvivenza spesso è legata all’esigenza di esprimere delle emozioni a prescindere dal risultato economico.
Le case discografiche?
Per questo tipo di musica, semplicemente non esistono!
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