JOJOLI/WORLD CIRCUIT – WCD057 – 1999 – FOLK PROGRESSIVO – BURKINA FASO
A tre anni dal suo debutto discografico, con quel “Ne La Thiass” che gli è valso il Kora Awards 1997 come migliore artista esordiente africano, Cheikh Lô torna con un nuovo album, luminoso e ricco, oltreché magnificamente suonato. Nove brani, in cui il cantante-chitarrista-percussionista del Burkina Faso sembra percorrere tutte le strade che la nuova musica africana ha intrapreso in questi anni, coniugando tradizione e innovazione e cercando spunti in tutte le filiazioni della musica nera (dal jazz al reggae, dalla salsa al rock), fino a riannodare saldamente i fili con quei “figli d’Africa” che ad ovest, sulle rive e sulle isole del Mar dei Caraibi, hanno creato uno dei più ricchi e variegati patrimoni musicali del pianeta. Non a caso quindi la presenza nel disco di Richard Egües, flautista cubano dalla lunga militanza nell’Orquestra Aragon; Pee Wee Ellis, sassofonista e arrangiatore musicale, collaboratore di James Brown e Van Morrison; Bigga Morrison, tastierista del gruppo londinese degli Aswad; la cantante del Mali Oumou Sangare. Anche la produzione risente di queste molteplici anime musicali, affidata com’è a Nick Gold, già al timone dell’operazione “Buena Vista Social Club”, e al mitico Youssou N’Dour (presso il cui studio di Dakar l’album è stato quasi interamente registrato). Già il primo brano del disco mostra le molte componenti della musica di Cheikh Lô: intitolato “M’Beddemi”, è una reinterpretazione della famosa guajira cubana “El carrettero”. “Jeunesse Senegal”, dalle atmosfere funky, mostra, con il suo invito alla gioventù del Senegal a lavorare insieme per costruire una “migliore Africa”, il lato politico di Cheikh Lô. La seguente “N’Jariñu Garab” (l’albero) introduce a quella che è la componente più forte dell’esperienza artistica di Cheikh Lô: la spiritualità, con l’albero visto come un dono di Dio. Tale componente è presente anche nella seguente “Bamba Gueej”, in cui Cheikh Lô parla di Cheikh Ihra Fall, il fondatore del Mouridismo, la congregazione religiosa musulmana di cui egli fa parte. “N’Dawsile”, dopo un inizio affidato al basso di Habib Faye, vira verso sonorità reggae, mentre racconta la storia di un amore che è più forte delle convenzioni sociali. “Africadën” è una richiesta di perdono rivolta ai bambini d’Africa e di tutta la Terra per le violenze, le guerre, il male che ad essi è fatto: con la speranza di un mondo finalmente unito nella pace. “Bobo-Dioulasso” sembra addirittura rievocare atmosfere west-coastiane, con un bel duetto fra Cheikh Lô e Oumou Sangare. “N’Dokh” è un brano limpido e cristallino come il tema del testo. N’Dokh significa infatti acqua, a cui Cheikh Lô dedica un vero inno. La conclusiva “Zikr”, riadattamento di un canto tradizionale, è a nostro parere il brano più intenso del CD, pur nella sua semplice struttura. Alla voce di Cheikh Lô è infatti sufficiente lo scarno sottofondo di una chitarra per esprimere la sua fede in Allah e onorare Cheikh Ihra Fall. “Bamba Gueej” è stato il nostro primo incontro con la musica di Cheikh Lô, ma sicuramente è uno dei più stimolanti che abbiamo avuto nell’ultimo periodo.
Marco G. La Viola
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