“…quelle due bimbe, che spesso sembrano scriccioli di donne, che sembrano elfi incantati, che guardano il mondo dal basso ma sono loro stesse il mondo…” (Luciana Cerreta)
Spesso la meraviglia si manifesta nei momenti più impensati, spesso gli occhi si aprono su spettacoli che vorresti durassero a lungo, per meglio goderne e per meglio ricordarli quando il loro tempo sarà passato. Capita anche spesso che cose e situazioni altre volte viste e troppe volte date per scontate all’improvviso ti appaiano come nuove, come appena scoperte, come tutte ancore da vivere. In una sera di quasi noia, proprio quando i pensieri erano già verso casa e verso il silenzio sono arrivate loro, le bimbe, le principesse di casa Di Febbraio, ancora, sempre la famiglia che è un mondo, che è un universo, che abbraccia e che protegge. Nella danza dei giuglianesi è la forza, è la passione che traina e che comanda, è la vita stessa; in questa danza che incanta, alcuni sono gli incantatori, altri gli accompagnatori, altri ancora gli spettatori. Le bimbe ci sono sempre tra gli incanti e le sorprese. Sono lì come monito, come promessa, come certezza per il futuro.
Ci sono con i loro occhiali e i loro capelli lunghi, con i sorrisi e la voglia di essere grandi. Le bimbe Di Febbraio, quelle che alzano le braccia e sono grandi, che le muovono le braccia da bambina e diventano sirene e sono incanto. Non conosco i loro nomi ma conosco la loro forza che non teme, che osa confrontarsi, che pare un gioco, che è eccezione. Loro ci sono insieme, sempre, mentre i grandi, e mentre tutti incrociano le gambe, mentre il sisco comanda e tu non te le aspetti, loro all’improvviso sono dentro, sono con la testa alzata, perché l’orgoglio, perché è il sangue, lo stesso che scorre forte nelle vene di bambina che sa, che dovrà essere. E all’improvviso ho visto ciò che da troppo tempo mi limitavo a guardare, ho visto e ho auto voglia e ho invidiato e ho amato quelle due bimbe, che spesso sembrano scriccioli di donne, che sembrano elfi incantati, che guardano il mondo dal basso ma sono loro stesse il mondo.
Credo che non potrò mai dimenticare l’immagine di un padre imponente e imperioso che può intimorire ma che guarda e che sorride, che sembra voglia abbracciare e proteggere ma anche spronare e irrobustire quegli occhietti vispi, quelle mani strette sulle castagnette, che vanno in alto e che si muovono con la delicatezza che può essere solo dell’innocenza. Le bimbe Di Febbraio che forse per un momento smettono di pensare alla scuola e ai compiti da finire, alle bambole e al parco dei giochi sotto casa, per un momento non hanno compiti perché lì in quel momento sono loro le maestre, insegnano a chi è fuori che la passione non è solo dei grandi, che l’amore per la propria storia la si conosce e la si ama anche lontano dai banchi impiastricciati di una scuola alle volte noiosa e poco sorridente, sicuramente mai sorridente come il viso e il cuore di quel Zi’ Peppino che ha insegnato a tutti il rispetto e la tenerezza che spesso si trova anche in mani grandi e incallite, indurite dal tempo e dai pensieri. Ed io che non sono una maestra e che tutto ho da imparare ho sorriso alle bimbe e ho baciato le loro guance. E loro che non sapevano io chi fossi mi hanno sorriso ugualmente con il sorriso che è proprio della generosità.
Le ho immaginate che prendono per mano l’ultima, la più piccola delle sorelle e le dicono: < Ecco adesso impara a votare e gira su di unagamba sola. > Come le bamboline dei carillon.
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