Non è esattamente un disco di folk, o di musica tradizionale contaminata, o di chitarra finger-flat picking, o ancora di quella di cui si parla usualmente sul nostro Folk Bulletin. E questo è il bello, sfido chiunque ad inserire in un cassetto specifico quanto esce da questo nuovo lavoro del chitarrista (?) di Sardegna Paolo Angeli. Il solco seminale è quello dei Fred Frith, di Hans Reichel ed anche di Derek Bailey, ma da questi maestri dell’improvvisazione e dell’elaborazione dei suoni Angeli è via via riuscito a tracciare una propria via proponendo la musica raccolta in questo album, per quanto ci riguarda la sua opera più matura, quella che più nitidamente fotografa il suo percorso.
Con la sua chitarra sarda “modificata” e con altre mille diavolerie elettro-acustiche, l’irriducibile alchimista-manipolatore di suoni piacevolmente frastorna l’ascoltatore. Noi all’ascolto abbiamo scovato echi del lontano oriente (l’incipit di “Baska” non ricorda gli strumenti a corda dell’Asia più esotica?), la millenaria cultura sarda fusa con quella arabo-andalusa (“Primavera Araba” che recupera un testo ottocentesco di Pauliccu Mossa), l’introspezione di “Il mare salta troppe nuvole” ed la dirompente ortodossia della free music di “Lasciamo perdere” (un dialogo apparentemente insensato tra percussioni e chitarre): ma il fascino di questa musica è anche la libertà assoluta di cercare e trovare i propri riferimenti sonori e geografici, qui c’è ampio spazio perché ognuno possa costruirsi un fantasioso / reale paesaggio che come in un caleidoscopio può variare continuamente.
Crediamo di non esagerare se affermiamo concludendo che questo “Sale quanto basta” è come le rondini di Mossa: “Siano benvenute le rondini nella mia casa, io vi aspettavo, avanzate, non indugiate”. Speriamo che di rondini, e di musica bella come questa, ne arrivino altre. E presto.
Alessandro Nobis
Lascia un commento