“Far Out” in americano significa “inconsueto”, “insolito”. Ma anche “lontano”. Ma pure “fantastico!”, con o senza punto esclamativo. Lecito, per chi è interessato al rispetto della semantica, attendersi quindi da questo ultimo disco dei pavesi Mandolin’ Brothers qualcosa di stravolgente rispetto ai precedenti succedutisi con non troppa frequenza in circa 35 anni di attività. E invece no, almeno nulla di così clamorosamente evidente è accaduto. L’approccio al beneamato genere “Americana” è quello di sempre, una quasi perfetta miscela di invidiabile tecnica e di sincera ispirazione, con una vocazione alla composizione davvero notevole che si esprime anche attraverso la scrittura di testi tutt’altro che banali e scontati. Lasciamo perdere dunque il perché di un titolo, che in fin dei conti può avere un valore poco più che di cronaca, e cerchiamo di rendere pubbliche le motivazioni di un gradimento incondizionato. Con “Far Out” i Mandolin’ confermano, e se possibile migliorano, quella loro condizione di band compatta e riconoscibile, fortemente identitaria, non mero supporto alle evoluzioni di un frontman ma solida nell’esprimersi di un insieme che in questo disco viene arricchito da una presenza significativa delle voci. Non ci è dato di sapere, in ovvia mancanza di una giusta contraria, quanto la presenza di Jono Manson in veste di produttore abbia influito sul risultato finale dell’opera. Ma, un po’ sciovinisticamente e pur sapendo che non è così, ci piace pensare che il noto cantautore newyorkese residente a Chupadero New Mexico si sia limitato a condurre in provincia di Pavia “soltanto” un po’ di aria buona d’oltreoceano e di quella consapevolezza che nella musica buona non è mai troppa. www.mandolinbrothersband.com.
Roberto G. Sacchi
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