È pur vero che questo secondo disco solista del fiatista Edmondo Romano fa dichiaratamente parte di una trilogia (secondo tassello di un elaborato concept sulla comunicazione), e che quindi non è del tutto sbagliato –ascoltandolo- fare riferimento al precedente “Sonno Eliso”, che pure ci era piaciuto assai. Troviamo più corretto, invece, prenderlo in esame in assoluto, senza confronti che possano condizionare l’ascolto. Già nel titolo, all’apparenza complesso da decifrare (in realtà palese dichiarazione d’intenti), troviamo in nuce il tema che Romano e i suoi numerosi e qualificati compagni di viaggio sonoro intendono affrontare sì con gli strumenti della tecnica e della timbrica, ma anche –se non soprattutto- con l’adesione filosofica al progetto, piegando al piacere dell’espressività la regola del sinfonismo, ipotesi realistica di una missiva archetipica possibile se non addirittura probabile. Perché con questo secondo episodio Edmondo Romano libera la propria vocazione a costruire un’ipotesi di comunicazione la cui crucialità sta proprio nel sinfonismo, inteso non certo come regola assoluta ma come ben precisa struttura sulla quale costruire musica di ampio respiro creativo che dalla fase di idea passa a quella della realtà proprio grazie all’archetipicità dell’assunto. Un disco indicato per chi detesta la banalità e le semplificazioni, un esempio quasi perfetto di come fare musica libera ma non priva di fondamenti, sperimentale ma non incomprensibile, densa ma non pesante. Anzi, leggera eterea delicata. www.felmay.it.
Roberto G. Sacchi
Lascia un commento