Di gruppi che a vario titolo propongono una sorta di viaggio nelle musiche del mare Nostrum ne ho ascoltati di recente parecchi, tutti propongono a livelli diversi una sorta di crociera virtuale con brevi soste nei porti e porticcioli più disparati senza un filo conduttore chiaro.
Questa seconda produzione di Domo Emigrantes viaggia su altri livelli e va oltre: c’è un progetto serio che si propone di andare alla ricerca delle testimonianze lasciate in Sicilia dai popoli e dalle loro civiltà che nei secoli l’hanno occupata, ci sono degli arrangiamenti omogenei e raffinati, una approfondita ricerca dei suoni e degli strumenti. Insomma, Stefano Torre, Filippo Renna, Donato Pugliese, Ashti Abdo e Lello La Porta assieme ad un nugolo di ospiti hanno confezionato un bel disco che, se promosso bene, non farà fatica a farsi apprezzare da stampa e pubblico. Dicono bene le note di copertina quando evidenziano che la Trinacria è sempre stata una sorta di calamita per tutte le civiltà che nei secoli si sono sviluppate nel Mediterraneo. E questo è il pretesto per Domo Emigrantes: fare avvicinare l’ascoltatore anche ad altre culture magari geograficamente più lontane come quella iberica e curda.
Suoni e sapori qui trovano “casa” nella lingua dialettale, attraverso un crogiuolo di strumenti, dalla zampogna a paro al saz al laud cretese, dalla chitarra battente alle percussioni “etniche”. Musiche tradizionali, musiche tradizionali con nuovi testi (Leucade) e viceversa (Canê Canê) e “Terra Matri”, una bella rilettura di “Lu me paesi” di Tony Cucchiara, un altro di quegli autori il cui repertorio andrebbe maggiormente valorizzato ed apprezzato. “Quannu pensu a lu paisi me / in mezzu a li muntagni c’è sempre u suli / iu vurria turnari”, racconta Cucchiara: il sogno di ogni emigrante.
Concludendo uno dei gruppi più interessanti emersi dal panorama tradizionale – o di derivazione tradizionale – più recente, con i Trinacria, Niggaradio e Majaria Trio. Bel disco.
Alessandro Nobis
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