1914-2014: Cent’anni or sono la “catastrofe della modernità”, la “prima guerra totale”, la “fine del mondo di ieri”, l’”inizio del secolo breve”: queste e altre le definizioni che gli storici hanno proposto per un evento epocale, che ha profondamente segnato la storia dell’Europa (difficile non rintracciare in esso i germi dei totalitarismi novecenteschi e della tragedia della Seconda guerra mondiale) e l’immaginario collettivo. Sono innumerevoli, infatti, al di là della produzione saggistica e documentaria, i romanzi, i libri di memorie, i film, variamente ispirati alle drammatiche vicende della Grande Guerra, ed è significativo che anche nella musica non siano mancate canzoni che a esse si rifanno, da “Lettera dal fronte” di Enrico Ruggeri a “All quiet in the western world” di Elton John, da “Andrea” di Fabrizio De André a “Children’s crusade” di Sting.
In occasione del centenario, che in realtà per l’Italia si prolunga nel 1915, poiché il nostro Paese entrò in guerra il 24 maggio 1915, i Barabàn hanno portato in scena un bellissimo spettacolo multimediale dal titolo “Voci di trincea”, cui abbiamo potuto assistere nella serata dell’8 novembre 2014, svoltasi nella sala consiliare del comune di Cernusco sul Naviglio, cittadina non lontana da Milano.
Lo spettacolo si apre sulle note di “Regiment Piemont”, un canto che ricorda la partenza dei soldati per il fronte, mentre scorrono sullo schermo i manifesti della propaganda bellica dell’una e dell’altra parte, che in quell’occasione fece la sua prima grande prova, cercando di (ri)creare nell’opinione pubblica quel consenso che dopo i primi mesi di guerra era svanito; poi partono le canzoni e le musiche nate durante il conflitto, non tanto quelle ufficiali (tipo “Il Piave mormorava”), molte volte intrise di retorica o addirittura di falsità: a essere proposti sono invece quei brani, spesso nati spontaneamente fra i combattenti, che raccontano la verità della guerra, che “odorano” di fango, sangue e morte, che esprimono nella loro ingenuità il dramma di centinaia di migliaia di uomini mandati a morire senza spesso nemmeno comprendere il senso del loro destino.
Fra gli altri possiamo così ascoltare, nell’impeccabile esecuzione del gruppo, “Gorizia”, forse la più famosa delle canzoni di protesta dell’epoca, che ricorda la sanguinosa presa della città da parte delle truppe italiane in seguito alla sesta battaglia dell’Isonzo, costata ai due eserciti quasi 100000 morti in circa dieci giorni, “Monte nero”, un canto degli alpini nato in occasione della conquista a caro prezzo di questo rilievo delle Alpi Giulie, “Fuoco e mitragliatrici”, che ricorda l’assalto alla “Trincea dei raggi” o “dei razzi” da parte della Brigata Sassari, che vi perse due terzi dei suoi effettivi. Carico di struggente malinconia “Sul ponte di Bassano”, ancora un canto degli alpini, che, come ricordano i Barabàn nelle loro brevi, ma efficaci presentazioni, ha conosciuto una lunga storia, diventando “Sul ponte di Perati” durante l’offensiva della divisione alpina Julia nella campagna contro la Grecia del 1940 e, successivamente, “Pietà l’è morta”, su testo di Nuto Revelli, inno della brigata partigiana Maiella (ma ne esiste anche una versione della X Mas della Repubblica Sociale mussoliniana!).
Mentre sullo schermo vengono proiettati suggestivi filmati d’epoca, a queste e altre canzoni si alternano intermezzi strumentali, fra i quali spiccano “Valzer per Sarajevo”, eseguito con maestria dall’organetto diatonico di Vincenzo Caglioti e dedicato alla città che con l’attentato a Francesco Ferdinando d’Asburgo ha aperto il “secolo breve” e lo ha chiuso con lunghissimo assedio (1992-1996) da parte dei serbo-bosniaci, segnando la fine di quella Jugoslavia nata proprio dalla dissoluzione dell’impero austro-ungarico in seguito alla sconfitta del 1918, oppure il simpatico medley di “Il capitan della compagnia” e “Di qua di là del Piave” nel quale i Barabàn si trasformano in una piccola orchestra di ocarine.
Coinvolgente anche il filmato in cui i Cantori di Busseto eseguono per sole voci “Addio padre e madre addio”, così come lo è stata l’incisiva versione di “La guerra di Piero” di Fabrizio de André, brano notissimo che a distanza di anni conserva intatta tutta la sua carica emotiva.
A chiudere e a offrire una parentesi “distensiva” le divertenti strofette di “Il general Cadorna” al cui ritornello si sono uniti anche gli spettatori. Agli applausi convinti sono seguiti gli immancabili bis, con la riproposizione di “La guerra di Piero” e uno scatenato strumentale balcanico.
Con questo spettacolo i Barabàn si confermano dopo tanti anni uno dei migliori gruppi italiani, capaci di coniugare cuore e tecnica esecutiva, passione per la storia e amore per la tradizione musicale. Una menzione d’onore anche all’attore Bruno Bigoni del Teatro dell’Elfo, che ha letto con grande partecipazione le commoventi testimonianze dei soldati in guerra. Un unico appunto, sia pur marginale: che il concerto sia avvenuto in una sala rimasta totalmente illuminata, cosa che ha tolto allo spettacolo un po’ di suggestione. www.baraban.it
PAOLO ZARA
Franco Ferrario dice
Non esiste una registrazione? Sarebbe utilissimo diffonderlo nelle scuole dove spesso si continua a seminare propaganda militarista in modi rinnovati ma sottilmente efficaci (ad esempio portando bambini nelle caserme e facendogli provare l’emozione di sparare…).
Vi invito a firmare la petizione per portare nelle scuole l’Educazione alla Pace ed alla risoluzione nonviolenta dei conflitti che trovate a:
https://www.change.org/p/ministero-della-difesa-ministero-dell-istruzione-dell-universit%C3%A0-e-della-ricerca-promuova-percorsi-didattici-capaci-di-educare-alla-pace-ed-alla-risoluzione-nonviolenta-dei-conflitti-e-condanni-esplicitamente-ogni-iniziativa-che-abbia-a-coinvolgere-a