Il Festival du chant de marin – musiques des mers du monde di Paimpol (Côtes d’Armor, Bretagna), arrivato alla sua dodicesima edizione, è sicuramente uno dei più importanti festival europei dedicati ai canti dei marinai e ai canti dei “mari del mondo”. Un festival bretone che raduna, nello spazio del porto di Paimpol e nell’arco di 3 giorni (quest’anno 14, 15 e 16 agosto), 200 battelli, più di mille marinai e 160 gruppi musicali. E che si fa condurre ogni anno da un tema conduttore. Quest’anno era “cap aux suds!”: con le vele in poppa verso i vari sud del mondo…
Tuttavia questa manifestazione è da sempre qualcosa di più di un festival musicale.
Il porto di Paimpol, durante i giorni del festival, non risuona solo di voci e strumenti musicali, ma diventa un tripudio di colori, di riflessi nel mare, di vele, cordami, barche d’ogni foggia ed epoca,…
Per questo motivo prima di raccontare qualcosa dei gruppi ascoltati, dei canti di mare, delle Fest-Noz (“feste notturne” a ballo che sono ormai, ovunque, lontane parenti delle Fest-Noz tradizionali bretoni), non si può non parlare di quel magma di sensazioni che rendono il festival un’esperienza indimenticabile. Un’esperienza – condivisa con un numero sempre più grande di persone, più di 150 mila – che viene vissuta camminando sulle banchine, sui moli del porto, aggirandosi tra i sette palchi (sui moli, in una piccola arena a ridosso del porto, sulle barche, nei pub, …), con le musiche che ti accarezzano le orecchie e che si trasformano di continuo, mescolandosi nello spostamento tra un palco e l’altro (breve parentesi: ottima l’acustica in tutti i palchi e molto professionale il lavoro dei tecnici del suono).
Esperienza che arricchita anche dalle tante animazioni: dalle bagadou (la bagad è una banda bretoni composta per lo più da cornamuse, bombarde e percussioni), dai gruppi di artisti musicali e non di strada, dai tanti giochi per bambini, dagli stand e dagli innumerevoli spazi di ristoro. Spazi in cui – specialmente nella mensa comune dei musicisti – non è inusuale trovare gruppi diversi che cantano e suonano insieme, sia che siano o meno ospiti ufficiali del festival.
L’esperienza di Paimpol è questa.
Ricca, festosa e fresca (seconda e ultima parentesi: la Bretagna è un ottimo posto per scappare dalla calura estiva italiana. Si passa con nonchalance dalla maglietta a maniche corte del mattino al pile pesante della sera).
Detto tutto questo, necessario per comprendere veramente il Festival du chant de marin, veniamo a qualche indicazione sui gruppi. Tanti, tantissimi, di più di 20 paesi diversi. Ma sempre in maggioranza bretoni…
Partiamo parlando dei due gruppi italiani presenti al festival in rappresentanza di un sud per la Bretagna che racchiude per noi due mondi molto diversi.
Dal nostro Nord è approdato a Paimpol il progetto ligure “Galata”. Un progetto molto interessante che riesce a miscelare con intelligenza e attenzione la musica mediorientale/balcanica dell’orchestra Bailam e le polifonie liguri delle compagnie di Canto Trallalero. Un bel concerto, molto apprezzato anche per le voci e la novità di questa fusion inattesa.
Il secondo gruppo arrivava invece da quella parte del Sud Italia che è ancora una fornace di decine e decine di gruppi musicali: il Salento. E le “Officine Zoé” sono sicuramente uno dei gruppi più conosciuti e amati dai tanti danzatori “tarantati” italiani.
Anche in questo caso un concerto molto apprezzato, ma che ha risentito probabilmente dell’inusuale freddo (eravamo quasi nella fase del “pile pesante”) per un salentino abituato a ben altri climi.
Concludo questo breve reportage con alcune segnalazioni dei gruppi musicali che sono riuscito ad ascoltare…
Eviterò di parlare dei gruppi più blasonati, della bravissima inglese Anna Calvi (meriterebbe approfondimenti in altri ambiti che non in un media dedicato al mondo folk), del bretone Denez Prigent, di Luz Casal (Spagna), di Youssou N’Dour (Senegal) o dei Muvrini (Corsica), …
Mi soffermerò invece su alcune belle rivelazioni e caldi ritorni.
Una bella rivelazione, riguardo ai gruppi da danza protagonisti delle Fest-Noz, è sicuramente rappresentata dagli E-Leizh.
Pensavo di fermarmi solo ad ascoltare alcuni gruppi già conosciuti – Carre Manchot, Baron et Anneix – e invece, per un problema di orari, mi sono trovato casualmente ad ascoltare questo quartetto (chitarra, biniou, bombarda e violino). Non mi sono pentito: grande energia, ottimi ritmi per la danza e tanta, tanta fantasia, specialmente nelle armonizzazioni e nelle improvvisazioni. Un ottimo carburante per un’An Dro, una Gavotte o per qualsiasi altra danza bretone.
Una menzione meritata anche per la musica più d’ascolto (ma in realtà il gruppo propone brani anche per il ballo) del duo Rozenn Talec (canto) e Yannic Noguet (organetto).
Lei ottima voce (cantava in bretone), efficace teatralità e istintiva capacità di tenere il palco. Lui ottima tecnica strumentale e ottimi arrangiamenti. E specialmente grande intesa.
Tra le cosiddette “rivelazioni” anche un gruppo marsigliese (sempre in “direzione sud” rispetto a Paimpol). I Radio Babel Marseille sono un gruppo che riunisce assieme musica marsigliese, melodie mediorientali e beatboxing (la capacità di riprodurre con la voce vari strumenti, specialmente percussioni), in un sound moderno che ricorda – per lo meno nella parte provenzale – l’energia del gruppo Cor de la Plana. Un gruppo che non si riesce ad ascoltare, a qualunque età e con qualunque impedimento, senza muoversi a ritmo.
Tornando alla musica bretone, un’altra “bella rivelazione” canora: i Barba Loutig.
Quattro cantanti (donne), grande vocalità, arrangiamenti sperimentali che possono ricordare, a parte i già citati Cor de la Plana, il lavoro fatto sulla voce dal guascone Joan-Francés Tisnèr.
Ma non è musica d’ascolto e i canti accompagnano per lo più danze bretoni.
Estremamente piacevole ascoltarle, non sempre ballarci sopra. Le sperimentazioni e la danza a volte si fondono facilmente.
Infine non posso non citare l’ultima Fest-Noz con la presenza calda e rassicurante, benché velata ormai dall’età (81 e 84 a nni), dei Frères Morvan, originari della stessa regione di Paimpol, la Côtes-d’Armor.
Questi fratelli – inizialmente un trio, fino alla morte nel 2012 del più anziano François – in attività dal lontano 1958, da quasi sessanta anni testimoniano una tradizione orale – con la tecnica del “kan ha diskan” – che è merito anche loro se si è trasmessa e si è diffusa anche tra musicisti più giovani.
Insomma a Paimpol si può ascoltare la storia della musica bretone, conoscerne i protagonisti e coglierne le evoluzioni più recenti. E il tutto, come abbiamo visto, in un’atmosfera festosa e ricca di emozioni che pochi altri festival europei sanno donare.
Una meta da non dimenticare per un viaggio futuro…
Tiziano Menduto