AUTOPRODUZIONE, 2006 – MUSICA CORALE/OCCITANIA ITALIANA
Fabrizio Simondi, anima musicale e non solo del coro L’Escabot, è il vincitore per il 2008 dell’ambito Mestre, il premio che viene assegnato ogni anno alla persona che più e meglio ha contribuito alla salvaguardia e alla diffusione della cultura occitana in Italia. Già tastierista dei Lou Dalfin, che abbandonò per dedicarsi alla sua grande passione per la coralità popolare (e i più attenti ricorderanno che Sergio Berardo, in una intervista pubblicata da FB qualche mese fa, indicava proprio Simondi come il musicista di cui sentiva più la mancanza all’interno del suo gruppo) è personaggio alquanto schivo, e ciò in parte motiva il ritardo con il quale abbiamo ascoltato questo disco. Ritardo comunque colpevole, perché Sem Montanhòls è una prova davvero notevole e convincente. Anche solo la seconda traccia, la stupenda Lo mes de mai, con quei pedali di basso che mantengono come sospesa la linea melodica, per poi armonizzare quando la forza della melodia prende il sopravvento, meriterebbe l’acquisto del disco. Non da meno suggestiva, la versione de Il disertore di Boris Vian, tradotta in occitano e armonizzata dallo stesso Simondi, una canzone politica che colloca nella sua estrema attualità sociale Sem Montanhòls, che –lontano da ogni facile bucolicità o astratta arcadia montana-, è anche e soprattutto disco politico. Lo conferma la dotta, ma non troppo, introduzione a cura proprio di Sergio Berardo, che ricorda il Traité de Lies et Passeries du Pla d’Arem, risalente al 1513, in cui i montanari frontalieri di Guascogna e Aragona (regioni storiche di Francia e Spagna) dichiarano ufficialmente il loro disinteresse per le guerre che i loro rispettivi governi centrali periodicamente imbastiscono l’uno contro l’altro per privilegiare il reciproco libero scambio di culture e tradizioni fra i popoli. “Le semplici parole di uomini semplici che esaltano la convivenza, la pace ed il rispetto brillano del chiarore di un paraggio e di una sapienza che fanno apparire i re di tutti i tempi, lontani nelle loro capitali e nei loro giochi di potere, come scure figure di bambini egoisti”: così si conclude lo scritto di Berardo, del quale consigliamo la lettura prima di procedere all’ascolto del disco, perché fonte ispirativa di una chiave d’ascolto diversa e più ricca, dove l’essere montanhòls, montanari, diviene paradigma per una alternativa possibile di convivenza pacifica.
Roberto G. Sacchi
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