FOLKCLUB ETHNOSUONI ES5369, 2008
Il nome del progetto, Esprit Follet, nasce dalle leggende e dalle storie popolari che raccontano delle gesta di quei folletti un po’ molesti che attraversano le storie delle generazioni che ci hanno preceduto. Quelle generazioni che erano capaci di affrontare fatiche enormi ed, al contempo, capaci di emozionarsi per una storia, una leggenda, per un ricordo raccontato introno ad una tavola, al fuoco, nel ritiro di un alpeggio. E l’album che nasce da questo progetto, Où vont les veilles lunes, che vede in Rinaldo Doro (organetti diatonici e fisarmonica) e Sonia Cestonaro (oboe, pianoforte, strumenti a fiato di varia foggia e dinamica) gli attori principali (supportati dalle percussioni e dal mellotron di Giorgio Negro e dalle chitarre a 10 e 12 corde e dal laud di Maurizo Verna), è un sunto di storie antiche, lontane, un po’ sbiadite nel tempo eppure fortemente radicate nel sentire della popolazioni delle valli piemontesi, in particolare la Val Chiusella e l’area del Canavese. L’ascolto, gradevole e morbido, dà la possibilità di ascoltare quelle musiche che hanno riempito le sere e le feste di tante comunità un tempo perse tra i monti, i prati, gli alpeggi, gli inverni che non finivano mai. Valzer, mazurke, monferrine ed altre musiche per ballo e danze (come il rigodon a cui si ispira Suite di Rigodons). Sono musiche, quelle proposte da Esprit Follet, apparentemente semplici ed, invece, sono complesse nelle loro trame di memoria, nel loro cercare di andare alle radici di ricordi che potrebbero fare male, che potrebbero attraversare brandelli di storie apparentemente dimenticati ma che, grazie alla forza evocativa delle note, potrebbero fare riapparire i protagonisti di antiche storie. Proprio quelle storie magari ritenute, da una concezione razionalista degli eventi, come frutto di fantasticherie ormai superate dalla modernità eppure così connaturate ed intrisencamente legate al DNA dei territori in cui sono nate, alle persone che si sono succedute, generazione dopo generazione. La perizia strumentale di Rinaldo Doro e Sonia Cestonaro produce un suono morbido e sentito, intenso, profondo, vero. Perché vera è stata la fatica di chi ha vissuto i territori da cui provengono queste musiche; perché vera è stata la gioia di fare festa, sull’aia, in un prato, sotto una tettoia, in uno stanzone disadorno, in una stalla. Perché fare festa significava allontanare la fatica, vestirsi “con la camicia buona” e, chissà, magari innamorarsi.
Rosario Pantaleo
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