È scomparso improvvisamente, dopo una rapida malattia, Febo Guizzi, etnomusicologo, antropologo e fra i maggiori studiosi italiani di strumenti musicali. Professore ordinario di etnomusicologia all’Università di Torino, Guizzi, tra le sue molte ricerche, in Italia e nel mondo, non possiamo di menticare il monumentale lavoro Gli strumenti della musica popolare in Italia, terzo volume della Guida alla musica popolare in Italia curata da Roberto Leydi, a oggi il più completo trattato di etno-organologia sugli strumenti della tradizione nel nostro paese.
Febo Guizzi ha cominciato a interessarsi alla musica popolare, alla tradizione orale e con un occhio particolare alla musica medievale a partire dagli anni Settanta, quand’era ancora un giovane allievo di Roberto Leydi. Proprio il suo interesse per la musica medievale lo portò a contribuire alla nascita del gruppo “Alia Musica”. Da allora ha condotto importanti studi nel campo dell’organologia in campo etnomusicologico in Italia e in altri Paesi, dirigendo e seguendo di persona lo studio degli strumenti musicali della tradizione in vari musei. Inportante tra questi quelli del Museo del Paesaggio sonoro di Riva presso Chieri, una realtà della quale è stato ideatore insieme con Domenico Torta. Fu promotore di vari convegni sulla musica etnica e popolare (alcuni dei quali nell’ambito dell’International Council for Traditional Music dell’UNESCO), è stato membro dell’Advisory Board della rivista internazionale Imago Musicae e, dal 2004, del comitato scientifico della rivista internazionale Musique, Images, Instruments. Revue française d’organologie et d’iconographie musicale (CNRS Éditions, Parigi).
Ha fatto inoltre parte della “Commissione Fondo R. Leydi” istituita dal Dipartimento dell’istruzione e della cultura della Repubblica Svizzera e del Cantone del Ticino, con funzioni di vigilanza e di consulenza nella gestione dell’archivio di Roberto Leydi.
Negli anni Ottanta aveva seguito con interesse il mondo del folk revival, in particolare i lombardi Barabàn, con i quali ha avuto modo di compiure diverse ricerche su campo. Molto importante il suo stimolo per la rimessa in funzione della Musa, la cornamusa appenninica delle Quattro Province..