E così La Piva dal Carner è giunta alla quarta annata della nuova serie. Purtroppo, tocca dirlo, si apre con un triplice, doveroso ricordo dell’ etnomusicologo e organologo, Febo Guizzi, che proprio con la Piva ebbe modo di colloquiare più volte. I contributi di Gianpaolo Borghi, di Bruno Grulli e di Ilario Meandri in collaborazione con Guido Raschieri mettono in luce i molteplici aspetti, di carattere scientifico, didattico e umano, che hanno caratterizzato l’impegno profuso per decenni in campo etno-musicologico dello studioso e appassionato divulgatore che ha sicuramente lasciato un vuoto incolmabile nel mondo delle tradizioni popolari in Italia.
La sezione la Tribuna accoglie tre distinti interventi, – segnala nell’introduzione la redazione – di Ettore Castagna, Salvatore Esposito e Vincenzo San- toro, che ridiscutono in modo critico, ma in toni sempre pacati ed equilibrati, a proposito di certi aspetti della danza popolare e della “Notte della Taranta” già affrontati nel numero precedente nei due provocatori contributi apripista firmati da Pino Gala e Giancorrado Barozzi.
Com’è consuetudine della rivista, la sezione intitolata La Piva accoglie anche in questo numero uno specicifico contributo sugli strumenti aerofoni della nostra tradizione musicale: è ora la volta dell’articolo di Fabio Paveto riguardante il declino (a partire dagli anni ’40 del Novecento) e la successiva rinascita, in epoca più recente, soprattutto per merito di Ettore Losini detto Bani, de la müsa, la tradizionale cornamusa delle Quattro Province.
Nella sezione Contributi Bruno Grulli dà seguito a una sua approfondita indagine etno-micro-storica intorno al “Ballo antico nella collina reggiana” (2^ parte) e ai loro protagonisti, impreziosendola con alcune trascrizioni musicali di corredo effettuate da Renzo Gambarelli e Alfonso Borghi sulla base di registrazioni effettuate al magnetofono nel 1982; mentre i giovani “sunadùr dla Bàsa” Luca Lodi e Nicholas Marturini presentano, in “Un trio eccezionale”, le trascrizioni di alcune interviste da loro realizzate lo scorso anno presso tre anziani suona- tori della Pianura Reggiana: Lando Vezzali, Remo Rustichelli e Lino Davoli, nati tra il 1920 e il 1931; contributo, quest’ultimo, che si fa particolarmente apprezzare come un valido modello di dialogo tra generazioni solitamente considerate, al giorno d’oggi, troppo distanti l’una dall’altra. Nella medesima sezione Andrea Talmelli prosegue poi il suo mini-ciclo di lezioni sulle reciproche in uenze (metriche e ritmiche) tra parola e musica, oltre che tra musica “colta” e musica “etnica”, già avviato nel numero precedente. Le illuminanti comparazioni qui istituite da Talmelli contribuiscono ad avvalorare, l’effettiva esistenza di quel duplice processo di “circolarità” che contraddice e vani ca l’ipotesi di ogni rigida separazione tra “alta” e “bassa”cultura.
Nella sezione conclusiva, Non solo folk, gli orizzonti del numero si allargano, come al solito, sia in senso ge- ogra co che tematico: dal Burkina-Faso, Bruna Montorsi, responsabile del settore istruzione ONG Bambini nel Deserto, invia questa volta una sua drammatica testimonianza oculare sul colpo di stato militare perpetrato il 16 settembre dello scorso anno dalla Guardia Presidenziale e sull’immediata, ferma reazione popolare seguita al putsch; la testimonianza comprende al suo interno anche la trascrizione in lingua moré, con traduzione a fronte, di una poetica ninna nanna appartenente al repertorio popolare di quel travagliato paese. Proseguendo un’ori- ginale consuetudine già sperimentata nei numeri precedenti, si è in ne cercato di dare voce anche in questo fascicolo a una delle innumerevoli persone, forse un tempo ritenute “vissute senza lasciare traccia alcuna”, che in realtà hanno invece anch’esse saputo fornire un loro fattivo contributo alla storia (o meglio, all’“anti-storia”) d’Italia: in questo caso, Franco Piccinini è riuscito a ricostruire, tramite la documentazione conservata presso il CPC dell’Archivio Centrale dello Stato, la suggestiva biogra a della “disfattista e antifascista” Soncini Florinda fu Noè, originaria di Meletole.