Associazione Culturale Parafonè, 2015
Questo terzo lavoro del gruppo calabrese Parafonè (Bruno Tassone: voce, chitarra battente, zampogna a chiave, Angelo Pisani: lira calabrese, pipita, fischietti, sax soprano, marranzano, Gianluca Chiera: bozouky, Domenico Tino: chitarre, Antonio Codispoti: organetto diatonico, Omar Remi: basso e Fabio Tropea: percussioni) è l’ennesima dimostrazione di quale sia l’amore e la passione con le quali molti musicisti seguano le tracce della tradizione popolare per prendere direzioni molto personali. Sì, è un discorso che ho fatto molte volte su queste pagine, ma l’idea di condividere i suoni della cultura popolare – anche il suono “vocale” – con strumenti più legati ai nostri tempi, se viene realizzata con intelligenza, umiltà e grande competenza produce magnifici risalutati come questo “Amistà”, che affianca con pari dignità quelli di altri gruppi come i Ghetonia, i Sancto Ianne o gli Uaragniaun per rimanere in “zona”. Per questo “Amistà” (amicizia) hanno aggiunto un tratto di strada al loro percorso, alzando lo sguardo, oltre i confini della propria terra e ospitando la voce di Eslam Adamo Moham nell’evocativo brano che dà il titolo all’album, le tabla di Rashmi Bhatt in “Giavoun” e l’uso appropriato di strumenti “alloctoni” come il saz, il djembe o il darabukka.
E, a parte un paio di tradizionali arrangiati e “Sidun” di Fabrizio De Andrè, tutte composizioni originali, un’altra conferma della maturità del gruppo che, una volta ascoltatane la musica dimostra di avere i piedi ben fissati nella propria terra: la ninna nanna di “Dorma”, “Ma L’uocchiu” con l’intro di chitarra battente, intervento del bozouky ed un solo di pipita calabrese (un aerofono ad ancia simile al piffero delle 4 provincie): “Una vecchia me le disse queste parole:/ Tu impara bene il modo di cantare/perché se hai una bella e non gli puoi parlare / tu con il canto tutto gli puoi dire”.
Gran bel disco, complimenti.
Alessandro Nobis